John Malkovich, una leggenda di Hollywood. Contemporaneamente, un “criminale onesto”, in “Educazione Siberiana”, nelle sale cinematografiche dal 28 febbraio, ispirato al romanzo omonimo del russo Nicolai Lilin. Un libro spietato, che racconta una guerra spietata senza prigionieri e che è riuscito a conquistare anche il mercato italiano dove ha venduto 100.000 copie.
Adesso questa opera prima di Lilin, autobiografica, pubblicata nel 2009, viene portata sul maxi schermo con interpreti del calibro di John Malkovich, che alla vigilia dell’uscita del film si racconta in diverse interviste. Lo fa però a debita distanza, a volte appare criptico, quasi un filosofo idealista, irremovibile su certi aspetti. Difficile azzardare se abbia un’ aria più inquietante lontano dai riflettori, vestito con una giacca grigia, camicia bianca un po’ larga ed una cravatta appena appoggiata. O se invece lo sguardo austero, di chi sa il fatto suo, quello del nonno russo Kuzja, decano di questa virtuosa comunità degli Urka siberiani, sia più angoscioso del suo “essere Malkovich”. La storia si svolge nel sud della Russia, tra il 1985 e il 1995, in un periodo di grandi cambiamenti, con la caduta del Muro di Berlino e la disgregazione dell’Unione Sovietica. Due adolescenti indottrinati da un’antica comunità di Urka siberiani, che si autodefiniscono, in un ossimoro letterale “criminali onesti”. Eredi di una tradizione culturale antichissima, gli Urka sono dediti alle più disparate attività illegali, ma seguono un codice d’onore molto forte: uccidono solo se è necessario, rubano ai ricchi, cercando di non far mai diventare il denaro la cosa più importante della propria vita, proteggono gli inabili, sono contrari allo spaccio e all’uso della droga, rifiutano lo stupro. Malkovich questo deve essere. Affermazione azzeccata quando la giornalista ironicamente lo difende: “Non è cattivo Malkovich. È che l’hanno disegnato così”. Lo stesso attore, senza esprimere alcun giudizio morale, lascia intendere al riguardo come l’etica criminale di una giustizia personale e “fai da te” paradossalmente sia più leale ed equanime di una giustizia istituzionale. Si è calato completamente nella parte a lui assegnata dal regista italiano Gabriele Salvatores (del quale ha una profonda stima). Non poteva fare altrimenti, d’altronde, come afferma convinto: “un attore professionista interpreta una figura nel sogno di un altro, se non rispetti questo gioco delle parti e tenti di imporre il tuo sogno , si sprofonda nell’incubo”. Altro grande protagonista silenzioso di questo film è il tatuaggio, che inquadra le personalità di tutti i personaggi della storia. Quello che infatti colpisce maggiormente di questo attore un po’ altero, dai mille volti e un solo grande nome, sono quei tatuaggi sul dorso delle mani. Distrattamente sembrano solo un gioco di segni, confusi, quasi fossero scarabocchi ed invece nascondono una simbologia complessa, intima. Quello che è una tradizione , quasi un “rito tribale” nato nelle prigioni, nei lager, nei campi di lavoro, tra gli uomini disperati relegati ai margini della società, possiamo ammirarlo con stupore sulla pelle di un rispettabile nome del cinema internazionale, che questi disegni non li ha ancora cancellati dal dorso delle sue mani. Che ne è rimasto così affascinato da voler studiarne il significato. E di tempo per farlo ne avrà, visto che ci vorrà un po’ perché i suoi sbiadiscano: la tecnica usata è originale, sperimentata appositamente per il film, da un make up tattoo artist italiano. Certo, non quella impiegata nella realtà in Russia: catrame diluito nell’ urina, che colora il corpo di un blu marcio, che conferisce il nome di chi li ha: sinie, i blu.
Il film è di pura educazione criminale, scandita da precise e chiare regole d’onore, una storia di infanzie e adolescenze corrotte dalla miseria disperata. Un film di simbologie ben definite ed intrise di intenso significato che vale la pena non perdere.
F.C.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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