Si estende e rafforza il fronte anti Isis che con il passare delle ore vede sempre più Paesi, soprattutto medio-orientali, impegnati a bloccare l’espansione delle milizie del califfato. Tra la notte scorsa e questo pomeriggio sono stati attaccati dalle aviazioni libica ed egiziana alcuni capisaldi in mano all’Is. Secondo informazioni dell’intelligence del Cairo, queste primi bombardamenti avrebbero provocato 64 morti tra i miliziani di al-Baghdadi. Abdullah al-Thani, leader libico riconosciuto da Usa e Ue, avverte: “l’Occidente intervenga subito, o sarà troppo tardi”.
La notizia più preoccupante però è quella confermata da alcuni italiani rimpatriati dalla Libia e cioé, che le milizie del califfato avrebbero ormai raggiunto, peraltro sembra da tempo, la stessa Tripoli. Ora l’Is potrebbe pensare anche ad attacchi da effettuare sul territorio italiano, magari attraverso infiltrati da trasformare in kamikaze, arrivati nel nostro Paese per mezzo dei barconi, carichi di profughi, che vegnono abbandonati vicino alle nostre coste.
I servizi segreti italiani, preoccupati dalla situazione, sono stati posti in stato di massima allerta. Di questo è informato e consapevole anche il governo che però, attraverso il premier Matteo Renzi, fa sapere che “per il momento” l’opzione militare resta nel cassetto.
I bombardamenti sulle postazioni dell’ISIS sono una rappresaglia ordinata dal presidente Abdul Fattah al-Sisi, dopo l’uccisione in Libia di 21 operai egiziani di religione cristiana copta. Era stato il presidente stesso ad annunciarli domenica sera, in un comunicato alla nazione.
Nei raid, oltre a diversi accampamenti nelle città di Bengasi e Sirte, sarebbero stati colpiti obiettivi strategici a Derna, la prima città della Cirenaica a cadere in mano ai miliziani. Secondo radio e televisioni vicine al governo del Cairo, l’aviazione avrebbe danneggiato “campi di addestramento e depositi di armi”. Un comunicato delle forze armate egiziane rivendica esplicitamente l’attacco come un gesto di vendetta.
I media libici hanno confermato gli attacchi, ma l’agenzia LANA, vicina al governo parallelo insediato a Tripoli, ha denunciato la morte di tre bambini e due donne nei bombardamenti. Intanto, sulla pagina Facebook di Fajr Libya, la coalizione di milizie che fa capo a Tripoli, si legge l’invito a manifestare contro il “terrorista Abdul Fattah al-Sisi” e minaccia di ritorsioni i cittadini egiziani presenti sul suolo libico.
Il governo di Tripoli è dominato dal ramo libico dei Fratelli Musulmani, il che lo pone nel campo dell’islamismo tradizionalista; ha il sostegno internazionale di Turchia e Qatar, mentre è osteggiato dal governo egiziano, che ha messo fuorilegge i Fratelli Musulmani dopo aver strappato loro il potere con un colpo di Stato. Rifiutando i risultati delle elezioni di gennaio 2014, in cui aveva riportato una disfatta, il governo di Tripoli è rimasto al potere nella capitale servendosi dei miliziani di Fajr Libya e costringendo il governo di al-Thani a trasferirsi a Tobruk, in Cirenaica. A tutt’oggi combatte sia contro il governo riconosciuto, sia contro le milizie jihadiste.
Intanto, il presidente egiziano ha avuto una lunga conversazione telefonica con il premier italiano Matteo Renzi, sul tema della sicurezza e della lotta al terrorismo internazionale. La soluzione auspicata dai due leader, così come dal Presidente francese François Hollande, passa per le Nazioni Unite.
“Non è il momento per l’intervento militare”, ha detto Renzi al Tg5. E poi: “La comunità internazionale se vuole ha tutti gli strumenti per poter intervenire. La proposta è di aspettare il consiglio di sicurezza ONU. La forza dell’ONU è decisamente superiore alle milizie radicali”. Il premier, d’altro canto, è cosciente che la situazione impone “Saggezza, prudenza e senso della situazione”.
È dello stesso avviso il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, che tuttavia ha precisato: “È urgente che la diplomazia in questo momento corra”. In effetti, fino ad oggi i tentativi di mediazione fra i due governi che si contendono la Libia hanno concluso ben poco. Il Consiglio di Sicurezza ONU potrebbe decidere di rafforzare la missione dell’attuale inviato, il diplomatico spagnolo Bernardino Leon, con altri mediatori, di cui sembra dover far parte l’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi. Sul campo, poi, l’ONU dovrebbe mettere in campo una forza di peace-keeping, magari affiancata da una missione di tecnici incaricati di aiutare i libici a ricostruire, o costruire, le istituzioni dello Stato.
Nel caso della Libia, tocca all’Italia la responsabilità di sensibilizzare e convincere il resto dell’opinione pubblica internazionale. In questo, il governo italiano potrà contare sull’aiuto dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza della UE, Federica Mogherini. Il nostro Paese, infatti, è il primo d’Europa a subire le conseguenze della crisi libica.
La prima di queste conseguenze è il traffico di esseri umani: l’incapacità delle autorità libiche di combattere questo fenomeno gli ha permesso di trasformarsi in vera e propria emergenza umanitaria, come testimonia la strage avvenuta nel Canale di Sicilia nei giorni scorsi.
Un’altra conseguenza della crisi libica che preoccupa l’Italia è di ordine energetico: il nostro Paese importa grandi quantità di petrolio e gas dalla Libia, e l’Eni gestisce diversi impianti di estrazione sul suolo del Paese e al largo delle sue coste. Finora, in questi impianti, che pure lavorano a ritmo ridotto a causa delle ostilità, non si sono registrati attacchi; ma non è detto che la situazione non cambi se l’avanzata dell’ISIS dovesse proseguire verso ovest.
Ad aggravare questi due problemi c’è il sospetto che i jihadisti li sfruttino per finanziarsi, come hanno già fatto in Iraq e Siria. Inoltre, il gelo diplomatico e le sanzioni economiche contro la Russia amplificano le conseguenze di qualsiasi fluttuazione del mercato del petrolio nei paesi dell’UE, Italia in testa.
L’espansione della porzione di territorio sotto il controllo dei miliziani affiliati all’ISIS pone infine un problema urgente sul piano della sicurezza. Se, come riportano le testimonianze degli italiani evacuati negli ultimi giorni, i jihadisti godono di una certa libertà d’azione anche a Tripoli, non è difficile immaginare che possano concepire azioni da compiere sul nostro territorio. Per compiere atti terroristici in Italia, avvertono i nostri servizi segreti, i miliziani potrebbero infiltrarsi fra i migranti: si ritiene che questa tattica sia già stata impiegata dagli scafisti, per sfuggire all’identificazione e alla cattura.
La crisi libica, in conclusione, pone domande che richiedono risposte internazionali, ma hanno ripercussioni più gravi su alcuni Stati che su altri. Per questo, il compito che attende il governo italiano è particolarmente difficile; ma la posta in gioco è altissima.
Filippo M. Ragusa
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy