Si chiamava Daniela Carrasco ma era conosciuta come ‘El Mimo’. Aveva 36 anni e prima di diventare un’attivista impegnata per il suo paese, faceva l’artista di strada: lavorava ai semafori vestita da clown. Poi, quando sono iniziate in Cile le proteste per l’ennesimo rincaro del biglietto per la metropolitana, il secondo di quest’anno, modulato in modo da pesare sulle tasche di chi approfitta del mezzo nelle ore di punta, El Mimo è diventata uno dei simboli delle proteste che da oltre un mese affliggono il Paese, in uno dei paesi più ricchi dell’America Latina ma anche uno dei più diseguali.
Presto le proteste si sono allargate a temi economici molto più ampi, come ad esempio il rincaro dell’energia elettrica che ha portato i manifestanti a dare fuoco alla sede di Enel Cile. Una serie di tensioni sobbolliva nella società cilena e il rincaro del biglietto non è stato altro se non la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Per le autorità è stato un suicidio, ma per le associazioni «non è stato un semplice fatto di cronaca.
Circa un mese fa Daniela/El Mimo è stata trovata impiccata ad una recinzione di un parco della Capitale. Per le autorità è stato un suicidio, ma per le associazioni “non è stato un semplice fatto di cronaca”. “E’ stata fermata dai militari, torturata e poi impiccata”, denuncia lo stesso collettivo femminista “Ni una menos”.
Ora #JusticiaparaMimo è diventato lo spazio per chiedere giustizia per lei. Grazie alla viralità della rete, la richiesta di verità e la denuncia degli attivisti e del sindacato nazionale degli attori hanno conquistato i social network di tutto il mondo.”Il silenzio della comunità internazionale sui fatti cileni come testimonia il Rapporto di Amnesty International sulla violazione dei diritti umani da parte dell’esercito e sulle responsabilità del presidente Sebastián Piñera, e su ciò che da mesi avviene in Sud America, è diventato insopportabile”, scrive su Facebook Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu. “L’Italia per prima faccia la sua parte – conclude il parlamentare di Leu – e interessi l’Unione Europea”.
Nella foto più condivisa, quella ritratta non è Daniela Carrasco, ma una ragazza anonima, che ha indossato i panni della donna morta, perché finalmente si parlasse delle dimostrazioni di violenza della polizia cilena, i Carabineros. Secondo le associazioni per la difesa dei diritti umani le forze dell’ordine stanno usando una forza “eccessiva e non necessaria” per fermare e punire i manifestanti. Daniela Carrasco, è l’accusa, sarebbe una delle vittime di questa violenza. Il giorno precedente l’arresto l’artista era stata fermata dai militari che l’avrebbero stuprata, torturata e lasciata appesa per ore, a monito per tutte le donne che sono scese in strada a protestare.
Secondo il governo cileno le vittime delle proteste finora sarebbero 18 – la maggior parte delle quali, spiegava la settimana scorsa il sottosegretario agli Interni Rodrigo Ubilla “coinvolte in incendi e saccheggi” e non per responsabilità della polizia – mentre i feriti sarebbero oltre 500 e gli arresti quasi 3000. Secondo la Commissione interamericana per i diritti umani il bilancio sarebbe invece di 42 morti, 121 casi di sparizioni forzate, un migliaio di casi di tortura.
Amnesty International ha detto di aver ricevuto centina di denunce di violazioni dei diritti umani, e i video che ci sono arrivati dal Cile nelle ultime settimane – che mostrano poliziotti che pippano cocaina per strada prima di andare a manganellare i manifestanti, scene di arresti condotti con grande brutalità, militari che sparano alle gambe a manifestanti inermi – sembrano confermarlo.
Ma cosa sta succedendo in Cile, in uno dei paesi più ricchi dell’Amera Latina ma anche uno dei più diseguali? Dove sanità, istruzione e pensioni sono tutte privatizzate (eredità della dittatura) con un sistema pubblico svuotato di risorse e inefficiente in competizione con un sistema privato molto più costoso?
Il sistema pensionistico
Per i lavoratori corre l’obbligo di versare ogni mese il 12 percento dello stipendio su un fondo pensione privato: la pensione media pagata dai fondi è inferiore allo stipendio minimo, mentre gli amministratori si arricchiscono con speculazioni finanziarie. Le pensioni di polizia ed esercito, invece, sono molto più alte e seguono un sistema a parte.
Il sistema sanitario
Anche il sistema sanitario funziona in modo simile, con la competizione tra pubblico e privato a vantaggio del secondo e l’obbligo per i cittadini di versare una quota mensile dello stipendio ad un’assicurazione sanitaria. E anche l’istruzione, con buona parte dei cileni costretti a contrarre prestiti per finanziare i propri studi – sul modello statunitense – entrando nel mondo del lavoro fortemente indebitati.
Il costo della vita in crescita esponenziale
Il prezzo delle case a Santiago è aumentato del 150 percento in 10 anni, senza che gli stipendi possano tenere il passo agli aumenti. Persino l’acqua è stata privatizzata.
Di fronte alle proteste la reazione del governo conservatore di Sebastián Piñera – erede della dittatura di Pinochet in senso sia ideale sia di continuità politica, visto che il fratello José ne fu ministro dell’Economia – ha in un primo tempo minimizzato la gravità della situazione, chiamato “delinquenti” i manifestanti e reagito subito con forza. Il 19 ottobre poi è stato dichiarato lo stato di emergenza e imposto il coprifuoco dalle 19 alle 6 di mattina, e nel giro di 48 ore l’esercito controllava le strade.
Ma né queste misure né la recrudescenza nella repressione e le prime notizie di manifestanti uccisi dalla polizia sono riuscite a fermare le proteste. Alla fine il governo Piñera è stato quindi costretto a fare marcia indietro e annunciare la sospensione della legge sull’aumento del biglietto della metropolitana.
Piñera ha anche chiesto scusa ai cileni riconoscendo una grave “situazione di disuguaglianze e abusi” che “si accumulavano da decenni” ed ha annunciato alcune riforme – tra cui un aumento della pensione minima e del salario minimo – per cercare di fermare le proteste.
Ma alle promesse populiste, sulla realizzazione delle quali esistono forti dubbi anche in considerazione di come riuscire a finanziarle, i manifestanti non hanno creduto: la organizzazioni dei lavoratori hanno risposto proclamando la continuazione dello sciopero generale dei dipendenti pubblici – a cui hanno aderito operatori sanitari, portuali, studenti e insegnanti – di fatto paralizzando l’economia del paese.
A.B.
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