Alle prime luci dell’alba è stato trovato il corpo di una donna completamente carbonizzat0 nel parco delle Tre Fontane, in zona Eur a Roma. Questo Parco è famoso per essere amato dai romani che vi praticano attività sportive. Ma la notte, complice il buio, diviene il regno del degrado.
Da anni infatti il quartiere nato per l’Esposizione Universale del 1942, sede della cosiddetta “city” italiana, è preda del degrado a iniziare dalla prostituzione. Difficile dare risposte a un quadrante gestito da Roma Capitale e dall’ente Eur S.p.A., oltre a esser sede della Regione Lazio, di importanti società statali e multinazionali. Da anni si pensa ad un risanamento radicale di tutta l’area, ma i problemi sono tanti e di non facile soluzione. Purtroppo gli abitanti di questo quartiere architettonicamente razionalista, nato a metà degli anni trenta sotto l’impulso di Mussolini che ne voleva fare un quartiere modello, è soffocato di notte dalla prostituzione che avviene sotto le abitazioni dei residenti. Il degrado complessivo della città e la mancanza di presìdi su quest’area hanno trasformato l’Eur in un paradiso per quanti commettono reati. A mancare comunque sono i controlli dello Stato. Il cuore della macchina produttiva romana è circondato infatti dal degrado delle strade e dalla mancanza di progettualità dell’amministrazione per il quadrante sud-ovest della città.
Secondo i dati del Codacons, il numero di soggetti dediti alla prostituzione è aumentato del 28,5% durante gli anni della crisi. E nella Capitale l’Eur ne è il caso per eccellenza. In viale Tupini, a due passi dalle vetrine delle griffe di viale Europa, risiede il quartier generale della movida hard. Le prostitute si cambiano dietro le siepi che costeggiano la scalinata di viale America e aspettano i clienti davanti ai portoni dei palazzi, all’ombra della basilica dei Santi Pietro e Paolo. La mappa della prostituzione conta almeno 18 vie, presidiate da lucciole e protettori. A viale Tupini e viale America ci sono le “giovani”, a via della Tecnica e viale Egeo le “anziane”, mentre i vialoni del parco del Turismo sono appannaggio dei transessuali.
Eppure, la macchina per far ripartire l’Eur c’è. Lo sta facendo l’Ente Eur S.p.A., (90% Ministero dell’Economia e delle Finanze e 10% Roma Capitale) sotto la direzione di Roberto Diacetti e di Enrico Pazzali. I quali dopo anni di mala gestione hanno recuperato gran parte del debito contratto in passato, posto addirittura di fronte la sezione fallimentare del Tribunale Civile di Roma, riuscendo a promuovere un importante evento di successo sportivo internazionale come la Formula E. Nonostante il degrado, la mancanza di sicurezza e di politiche efficaci dell’amministrazione capitolina, l’Eur resta un quartiere architettonicamente di grande rilievo, studiato tra l’altro in tutto il mondo. E’ il simbolo del razionalismo fascista per eccellenza. Una realtà che spesso ha stimolato commenti e polemiche. Dall’estasiata e sperticata ammirazione di Fellini che pure tra quelle strade ha girato due tra i suoi più importanti film, “Boccaccio 70” e la “Dolce Vita”, per non parlare delle intriganti considerazioni che di quella storia architettonica permeata di metafisica aveva fatto lo stesso Pier Paolo Pasolini, che considerava l’Eur come Sabaudia, due capolavori di tutti i tempi. Non poco per un’espressione del razionalismo fascista bersagliato recentemente dal New Yorker, la cui sede, è bene ricordarlo è in un edificio in puro stile neoclassico razionalista.
Icona dell’Eur è il Palazzo della Civiltà Italiana, il metafisico Colosseo Quadrato di Ernesto Lapadula e Giovanni Guerrini, inaugurato il 30 novembre 1940 e mai utilizzato, nonché finito secondo i progetti originari. Finché a partire dagli anni sessanta l’Eur Spa l’ha restaurato assieme ai Beni Culturali. Dal 2013 è stato dato in affitto per 15 anni alla Fendi del gruppo francese Lvmh a causa dei debiti contratti dall’ente Eur per la costruzione della Nuvola di Fuksas e per la mala gestione. Nel Palazzo della Civiltà Italiana la maison vi ha trasferito il quartier generale italiano, uno showroom e un museo al primo piano. Un regalo ai privati si direbbe, senza però il quale, l’ultima speranza di risanamento e rilancio del quartiere sarebbe fallita.
A.M.N.
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