In Europa è guerra alle false etichette del pesce. In linea anche con una nuova coscienza alimentare a lungo sopita, in un momento in cui possiamo ordinare cibo da tutto il mondo stando comodamente in poltrona (non sempre con risultati di qualità), la Corte di Strasburgo ha predisposto l’introduzione di “un sistema di tracciabilità per tutti i prodotti ittici” che dichiari in modo chiaro il percorso che ha fatto la cernia, sogliola o merluzzo che sia, prima di finire sulle nostre tavole.
Dopo una serie di “scandali” legati alla veridicità delle etichette sul cibo, come quello della lasagna Findus alla carne di cavallo in Gran Bretagna, per la Corte europea è arrivato il momento di dire basta. Ma il pericolo è in agguato anche in Italia. Almeno secondo quanto riporta la Coldiretti, per la quale “tra i trucchi nel piatto più diffusi in Italia c’è anche il polpo del Vietnam spacciato per nostrano”.
“La volontà dei cittadini europei di conoscere l’origine è chiara e legittima” ha detto il capogruppo S&D in Commissione agricoltura, Paolo de Castro (Pd), ma intanto il commissario europeo alla Pesca, Karmenu Vella, invita alla prudenza, ricordando che comunque “la situazione non è allarmante”, soprattutto dopo che verrà concluso uno studio di fattibilità su un sistema di ‘eco-etichettatura’ per prodotti di pesca e acquacoltura.
Tra le richieste portate avanti dall’Assemplea di Strasburgo, anche quella di inserire l’etichetta di origine obbligatoria per latte, burro, formaggi e yogurt, oltre che per tutti i prodotti a base di carne e per i prodotti a base di un solo ingrediente (come la passata di pomodoro). Per ora, afferma il commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis, “l’etichettatura volontaria rimane la soluzione migliore” ma conferma la ” possibilità per gli Stati membri di richiedere l’etichettatura obbligatoria per specifiche categorie di alimenti, se giustificata”.
Accordo ‘TTIP’, questo sconosciuto. L’Europa non è certo nuova ai dibattiti su temi legati alla tracciabilità dei prodotti alimentari. Forse non tutti sanno che Bruxelles sta lavorando di concerto con il governo americano sul TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), un accordo commerciale segreto che, se supererà tutti gli elaborati iter di approvazione della durata di circa 2 anni, potrebbe creare di fatto l’area di libero scambio più grande del mondo.
La necessità di questo tipo di iniziativa è legata ovviamente ai suoi punti forti: la creazione di posti di lavoro e il superamento delle barriere doganali (e delle rispettive tariffe) per far girare i prodotti, ma anche i soldi, meglio e soprattutto più velocemente. Nonostante sia così importante, o forse proprio per questo motivo, entrambi Europa e USA mantengono il riserbo sui vari punti del trattato ma qualcosina è riuscito comunque a trapelare.
Più che altro quello che è emerso sono gli ostacoli alla redazione dell’accordo, legati principalmente alla diverso approccio di Europa ed Usa sui prodotti alimentari, come ad esempio gli OGM, che in America godono di una commercializzazione indifferenziata. Lo stesso vale per la somministrazione di anabolizzanti negli allevamenti bovini.
Secondo la valutazione indipendente commissionata dall’UE (Reducing barriers to Transatlantic Trade) il guadagno per l’Europa potrebbe arrivare a 119 miliardi di euro l’anno (pari a 545 euro per una famiglia media), mentre per gli USA sarebbe si arriverebbe a 95 miliardi di euro l’anno, pari a 655 euro per famiglia. Ma intanto ci si chiede se, anche ammesso che le cifre corrispondono effettivamente a un miglioramento delle condizioni dei cittadini europei ed americani post crisi economica, ci si potrebbe chiedere se il gioco valga la candela.
Malgrado abbiano norme di sicurezza simili, i due “contraenti” sono comunque molto diversi in termini di regolamentazione di alimenti. Quanti e quali sono le garanzie che, ad esempio, non arrivino in Italia la carne americana gonfiata di ormoni o che nel nostra insalata non ci finiscano dentro pomodori bellissimi ma anche geneticamente modificati? Più di tutto: questo tipo di accordo sarà la scusa per “non dichiarare” l’origine o altre caratteristiche del cibo in etichetta?
“Il Trattato transatlantico di libero scambio serve davvero, ma solo se ci permette di aumentare gli standard di sicurezza – afferma Colin Crouch sociologo e politologo britannico, coniatore del termine “postdemocrazia” -. Per il momento, invece, le discussioni vertono solo sul come ridurre gli standard: anche perché un mondo con standard di sicurezza più alti ad ogni livello sarebbe un mondo più caro. E gli americani non possono accettarlo”.
Contro il TTIP si sono schierati anche il leader della Lega Matteo Salvini e Marine Le Pen, leader anche del gruppo Europa delle nazioni e della libertà (Enl) che ha presentato ha chiesto ufficialmente a Strasburgo di di chiudere i negoziati del Ttip. «Se verrò eletta – aveva affermato Le Pen due giorni fa – rinegozierò quattro sovranità: territoriale, finanziaria, economica e legislativa».
“Un trattato evidentemente criminale nei confronti dell’economia europea” ha dichiarato Salvini, un accordo “solo dei matti potrebbero avallare”, in quanto “sarebbe una cessione totale di qualsiasi sovranità e controllo dei nostri commerci e della nostra agricoltura”.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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