Il mercato che non va, con perdite di quasi 2 milioni al giorno; l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che potrebbe essere rivista e soprattutto l’immunità penale su cui non è ancora stata fatta chiarezza. Sarebbero queste le motivazioni alla base della decisione di ArcelorMittal di lasciare l’Ilva di Taranto. In conformità con il contenuto del contratto, si legge in una nota di Arcelor Mittal, la società ha chiesto ai Commissari straordinari di assumersi la responsabilità per le operazioni e i dipendenti entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione. Il contratto, spiega infatti la nota, prevede che, nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la società abbia il diritto contrattuale di recedere dallo stesso contratto.
Addio in 30 giorni
In particolare, scrive ancora Arcelor Mittal, i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2. Tali prescrizioni dovrebbero ragionevolmente e prudenzialmente essere applicate anche ad altri due altiforni dello stabilimento di Taranto. «Lo spegnimento – sottolinea Arcelor Mittal nel comunicato – renderebbe impossibile per la società attuare il suo piano industriale, gestire lo stabilimento di Taranto e, in generale, eseguire il contratto».
Le lettere
Attualmente il contratto di Arcelor Mittal è di semplice «affitto», da trasformare in acquisizione effettiva nel 2020, dopo l’accordo siglato 12 mesi fa, a novembre 2018. Già in mattinata, si era diffusa l’indiscrezione secondo la quale la multinazionale sarebbe stata in procinto di inviare due lettere, una all’amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti, e l’altra ai sindacati, manifestando, appunto, questo suo intendimento.
Arcelor Mittal si era impegnata a fare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, industriali per 1,2 miliardi e a pagare l’azienda, una volta concluso il periodo di affitto, 1,8 miliardi di euro, da cui detrarre però i canoni già versati. Gli occupati sono 10.700 di gruppo di cui 8.200 a Taranto, dove, attualmente, sono in cassa integrazione ordinaria per 13 settimane, dal 30 settembre, 1.276 dipendenti per crisi di mercato. In attesa di completare gli interventi di risanamento prescritti dall’Aia, ArcelorMittal è autorizzata a produrre a Taranto 6 milioni di tonnellate di acciaio ma, per la crisi e altre vicende congiunturali, quest’anno ne produrrà solo 4,5 milioni circa.
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