Dopo i fuochi d’artificio di Montecarlo e Montreal era, oggettivamente, difficile pretendere un altro GP con il medesimo concentrato di emozioni. Infatti, il GP d’Europa, corso nell’accattivante cornice di Valencia, è stato semplicemente ordinario ( addirittura, tutti e 24 i partenti sono giunti al traguardo e solo in altre tre occasioni, nella storia del mondiale, non si erano verificati ritiri).
Ma non per questo scevro di spunti d’interesse. Tutt’altro. Ha vinto, anzi dominato, Sebastian Vettel, alla guida di una sempre più imprendibile Red Bull. E già questa sarebbe una “non notizia”. Ma la vera novità è stata la formidabile prestazione della Ferrari, in particolare di un Alonso che ha gestito in maniera magistrale una gara che lo ha visto terminare sul secondo gradino del podio, secondo solo al campione in carica ( e quasi certamente anche della stagione corrente), ma davanti a rivali illustri come Webber, Hamilton, il compagno di scuderia, Massa, e il fresco vincitore di Montreal, Button. Ma non è stato solo il piazzamento d’onore a rendere felici i sostenitori delle “rosse”, ma il modo in cui è maturato. Al termine, cioè, di una corsa pressoché perfetta.
Partito dalla quarta posizione in griglia, l’iberico parte a razzo e sorpassa prima Hamilton e poi il compagno Massa ( chiuso da Webber, nella circostanza). Poi, subisce il ritorno dell’australiano, salvo superarlo al 22° giro. Perde la posizione, poi, a seguito di una sosta ai box ma, al 42° giro, concorda con il suo team la strategia, poi rivelatasi vincente, di non fermarsi anche lui ( lo fa, invece, il pilota della Red Bull per montare gomme medie) e di continuare per altri tre giri. E’ la svolta nell’economia dell’avvincente duello perché, nel frangente, Fernando riguadagna la posizione persa per lanciarsi alla caccia del battistrada, Vettel. Riesce anche a rosicchiare qualcosa al tedesco ( arriva anche a portarsi a tre secondi), ma, poi, intelligentemente, decide che, non potendo fare di più, non sarebbe stato il caso di rischiare ulteriormente l’usura delle gomme e compromettere una gara così ben condotta. Il secondo posto finale permette, così, ad Alonso non solo di intascare parecchi e preziosi punti in classifica, ma anche di eguagliare il suo miglior risultato stagionale ( l’altro secondo posto, ottenuto nel Principato). Oltre a galvanizzare un intero ambiente, quello della Ferrari, che sin troppi bocconi amari aveva dovuto trangugiare fino a questo punto della stagione. Anche se si profilano all’orizzonte una serie di circuiti ( tra cui il prossimo, Silverstone) piuttosto ostili agli uomini di Maranello.
Per quanto riguarda l’altra Ferrari, quella di Massa, un apparentemente anonimo 5° posto che, però, come sin troppo spesso accaduto in questo 2011, non rende appieno giustizia alla prestazione del brasiliano. Che, in partenza, paga la chiusura ( comunque, corretta) di Webber e, soprattutto, nel finale deve cedere la 4° piazza ad Hamilton a causa di 5 secondi di troppo persi ai box perché il dado della gomma posteriore sinistra non si svitava. Peccato per il sempre più sfortunato Felipe.
Quanto al vincitore, Sebastian Vettel, tutti gli aggettivi sono stati ampiamente usati e abusati. Domina dall’inizio alla fine ( e su un tracciato che, per sua stessa ammissione, non è certo il più favorevole alle Red Bull), non rischia quasi nulla, rifila distacchi abissali a tutti i contendenti, ha conseguito la 6° vittoria su 8 GP, ha accumulato un vantaggio in classifica tale ( 77 punti sul più immediato inseguitore, Button) che, se pure non andasse a punti per tre gare di fila, conserverebbe, comunque, il primato. E mostra continui segnali di miglioramento perché, come spesso avviene nello sport come nella vita, più vince e più acquisisce sicurezza nei propri mezzi. E’ ormai il campione “in pectore”. Per il secondo anno consecutivo. Il tutto a soli 24 anni. Può bastare?
Daniele Puppo
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