Un milione di persone in piazza nello storico spazio romano, San Giovanni, che per decenni ha visto manifestazioni ben diverse, per obiettivo e colore politico.
Quella di oggi invece non ha colore, ma un obiettivo preciso: difendere la famiglia, i valori nei quali crede e fonda la famiglia, l’educazione dei figli. Qualcuno in senso dispregiativo l’ha tinteggiata di bianco: i soliti cattolici, bacchettoni e tradizionalisti, quelli che una volta confluivano in maggioranza nella Democrazia Cristiana. Ma un milione di persone “è una piazza di popolo, non di lobby”, fa notare Alessandro Pagano, di Area Popolare tra i promotori del comitato ‘Parlamentari per la Famiglia’. Si tratta di un messaggio “forte e chiaro” che “arriva dal Paese reale: per la stragrande maggioranza degli italiani la famiglia e’ quella che si basa sul matrimonio tra un uomo e una donna e i nostri figli hanno diritto a una mamma e un papa’”, dichiara Pagano.
La forza di questa manistazione e’ nei numeri, dunque, una forza paragonabile a quella dei valori tradizionali e dei principi non negoziabili. “In qualita’ di legislatori, faremo la nostra parte contro il ddl Cirinna’, che introduce di fatto il matrimonio e le adozioni gay per via giurisprudenziale e la pratica dell’utero in affitto – annuncia Pagano a margine della manifestazione – e ci batteremo contro qualsiasi tentativo di introdurre l’ideologia gender a scuola”. Infine, un consiglio a “quelli del Pd che dicono che si tratta di mistificazione: si vadano a leggere i libretti Unar ‘gender friendly’ che derivano proprio da quel Dl n. 93 del 2013 richiamato nella riforma della scuola”. La verita’ e’ che si cerca di far passare, anche a livello europeo principi che vogliono annientare quello naturale, ovvero la non intercambiabilita’ dei ruoli madchio-femmina.
Naturalmente non piace chi cerca di difendere anche le “differenze biologiche con cui uomini e donne si distinguono sin dal concepimento”‘ sono le parole del capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli, presente al Family day di oggi, a chi delle proprie tendenze sessuali ne ha fatto una bandiera. Il Gay Center risponde via twitter attraverso il suo portavoce Fabrizio Marrazzo che lancia sui social l’hastag #FamilyGay. “Per noi ogni giorno è #FamilyGay. Twitta anche tu il tuo amore per i tuoi diritti e per la tua famiglia. La manifestazione di oggi è un salto nella preistoria dei diritti civili”. “Le famiglie gay sono una realtà a prescindere da chi vuole cancellarle – asserisce Marazzo – Come sono una realtà i giovani che dalle scuole ai social network cercano risposte alla cultura della discriminazione e dell’omofobia”.
Sul palco di piazza San Giovanni pero’ si sono alternati rappresentanti di diverse confessioni: Giacomo Ciccone dell’Alleanza Evangelica, l’Imam responsabile della Moschea di Centocelle a Roma, ed è stato letto un messaggio del Rabbino capo di Roma. Una lettera di sostegno è arrivata anche da Agapo, associazione genitori e amici di persone omosessuali. “Il comitato ‘Difendiamo i nostri figli’ è nato il 2 giugno, appena 18 giorni fa”, ha spiegato Gandolfini, che ha spiegato l’ideologia gender. “Si basa sul fatto che ogni persona ha un’identità sessuata maschile o femminile – ha detto – ma che questa è ininfluente sulla personalità, che invece è frutto della cultura, ambiente educativo. Negando la nostra struttura biologica. Questo potrebbe portare i nostri bambini a scegliere tra un numero di genere sempre in aumento: negli anni 60 erano quattro, oggi sono 58. Crescono persone vulnerabili fragili e manipolabili anche nelle relazioni affettive. Per questo diciamo stop al gender”. Sul palco sono salite due famiglie – di cui una con 11 figli e una con 7 – che hanno raccontato “la loro esperienza del gender nelle scuole” e la giornalista Costanza Miriano, autrice di ‘Sposati e sii sottomessa’. “C’è una sorta di isteria quando si parla di maschio e femmina – ha detto – Ci hanno chiamati omofobi e sessisti perché parliamo di diversità. Ci dispiace per quelli che si sentono discriminati, ma è la natura che discrimina, non siamo noi”.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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