Si chiama Amedeo Mancini l’uomo di 38 anni accusato di aver ucciso il nigeriano Emmanuel Chidi Namdi che lo scorso settembre era fuggito in Italia con la compagna, dopo l’assalto di Boko Haram ad una chiesa locale. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano si è recato oggi nella cittadina per presiedere il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, in rappresentanza del Governo.
“Il governo oggi è a Fermo con don Vinicio e le istituzioni locali in memoria di #Emmanuel. Contro l’odio, il razzismo e la violenza” ha twettato il premier Matteo Renzi.
L’imprenditore agricolo, originario della zona di Fermo, nelle marche, dove si è consumata l’efferata violenza, ha prima sfogato il suo odio sulla moglie di Namdi, chiamandola “scimmia” e in seguito si è avventato sul marito della donna, fino a ridurlo in fin di vita.
Data la gravità del fatto (è stato fermato per omicidio preterintenzionale) non sembra convincere gli inquirenti la ricostruzione dei fatti data dell’avvocato di Mancini, che parla di un tragico errore: credendo che i due coniugi nigeriani gli stessero rubando l’auto, Mancini sarebbe intervenuto prima a male parole e poi sarebbe passato alle mani non rendendosi conto dell’entità della violenza.
Ma il racconto fornito dall’imputato sembra entrare in contraddizione con la personalità ed il passato del soggetto: Mancini è affiliato alla tifoseria della Fermana, un ultras insomma e ha alle spalle una sanzione di Daspo (Divieto di accesso alle manifestazione sportive), proprio per un episodio di violenza.
“Ci sono piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana!” aveva affermato Don Vinicio Albanesi, fondatore della comunitò di Capodarco che aveva ospitato Emmanuel e la moglie e che ora si è costituita parte civile.
“Queste persone fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese! E se lo dico, significa che non è una semplice impressione”, aveva aggiunto il sacerdote presidente della fondazione Caritas in Veritate durante la conferenza stampa di ieri.
Immediate le reazioni della politica, dal sindaco di Fermo, Paolo Carcinaro alla presidente della Camera Laura Boldrini “sgomenta ed indignata” dalla notizia che “un uomo che era venuto via dal suo Paese per scampare alla ferocia dei terroristi di Boko Haram ha perso la vita qui da noi, in Italia, sotto i colpi dell’odio razzista e xenofobo”.
Anche il leader della LegaNord, Matteo Salvini condanna l’atto con un post su Facebook ma lo fa sottolineando la pericolosità di immigrazione clandestina “fuori controllo”: “Chi uccide, stupra o aggredisce un altro essere umano va punito. Punto. A prescindere dal colore della pelle. Sei bianco, sei nero, sei rosa e ammazzi qualcuno senza motivo? In galera, la violenza non ha giustificazione – ha scritto Salvini – Il ragazzo nigeriano a Fermo non doveva morire, una preghiera per lui. È sempre più evidente che l’immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l’invasione organizzata, non porterà nulla di buono. Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?”.
La Procura ora dovrà ascoltare i numerosi testimoni della vicenda, ancora tutta da chiarire ed accertare la dinamica che ha portato alla morte del nigeriano e a lesioni gravi della moglie, sopravvissuta. I due non erano legalmente sposati, dato che non avevano documenti, ma Monsignor Albanesi li aveva uniti comunque secondo un rituale risalente al Medioevo.
P.M.
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