Prima di lui soltanto un suo illustre conterraneo, Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica italiana uscita dalla guerra, si muoveva nella Capitale prendendo i mezzi pubblici. Roberto Fico, sorpreso e fotografato in metro non è dunque il primo alto rappresentante istituzionale che si reca al lavoro in tram ma è sicuramente il primo caso di comportamento, più che politicamente, socialmente ed umanamente corretto. De Nicola ed Einaudi furono infatti chiamati a guidare una nazione materialmente e moralmente distrutta dalla guerra ed i segnali da dare ad un popolo prostrato dalle paure, dalle rinunce e dai sacrifici non potevano che essere chiari ed improntati all’umiltà e alla solidarietà più estrema.
Dopo gli anni eroici del dopoguerra le cose andarono diversamente. Con il consolidamento sociale ed economico del Paese la politica si fece sempre più esigente, vorace. La nomenklatura e il potere politico sposarono, insieme alle impunità e alle immunità, anche i privilegi. Prima quasi impercettibili, poi man mano sempre più importanti ed invasivi. Fino alla sbornia degli ultimi trent’anni. La fiera delle autoblu, degli indennizzi e dei rimborsi a tutto tondo, degli stipendi d’oro e del “tengo famiglia”. Senza limiti e senza vergogna: da destra a sinistra passando per il centro e ritorno. Una stagione da dimenticare.
Riproporre comportamenti di grandi uomini prima che grandi statisti, sessant’anni dopo, è impossibile per tante ragioni. A cominciare dalle esigenze di sicurezza che oggi certi incarichi comportano. Ma alcune riflessioni si impongono. Vedere un presidente della Camera seduto sul bus vicino a tanta gente comune che tutti i giorni si muove sui mezzi pubblici, in condizioni di oggettiva difficoltà, fa piacere. E’ un segnale importante. Sapere, in un’epoca tutt’altro che tramontata, quella dei privilegi della Casta, che i nuovi vertici dello Stato hanno optato per uno stile di vita più morigerato, semplice, vicino in all’uomo della strada, fa ben sperare.
In altre parole, la gente comune ha chiesto con forza un cambiamento di fondo di quei comportamenti, figli della protervia, che più hanno colpito l’immaginario collettivo di coloro che, il quattro marzo, sono andati a votare premiando partiti e uomini che, della guerra senza quartiere ai privilegi della classe politica, avevano fatto una ragione di vita.
Il segnale del nuovo presidente pentastellato di Montecitorio, che vivendo a Napoli, è bene dirlo, non da ieri, prende treno metropolitana e bus per recarsi alla Camera, è un segnale che dimostra come cambiare atteggiamenti in ambito istituzionale sia possibile prima ancora che giusto. Il segnale chiaro e conseguenziale alle regole del movimento e a quanto espresso dalle urne, va colto, per porre fine, o almeno contenere vigorosamente, quell’orgia di irritanti privilegi cui ci hanno abituato, negli ultimi anni, i partiti e le maggioranze che hanno governato il Paese.
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