Un fine settimana decisamente tonificante per il calcio azzurro, quello appena conclusosi: prima i ragazzi dell’Under21, guidati da Devis Mangia, ottenevano uno splendido accesso alla finale dell’Europeo in Israele superando 1-0 una temibile Olanda in semifinale, poi, 24ore dopo, quasi a voler riprendersi le luci della ribalta e le prime pagine dei giornali,la nazionale maggiore di Prandelli esordiva con un successo ben più netto dello striminzito 2-1 rifilato al Messico in Confederations Cup.
Due situazioni diverse, due competizioni diverse che noi, quasi per gioco, abbiamo voluto contrapporre. In realtà, due belle pagine del nostro calcio anche se quella conquistata dagli azzurrini fa da prologo ad una sfida, quella con i pari età spagnoli, che metterà in palio domani un titolo che non sfoggiamo più nella nostra bacheca dal 2004, mentre il capitolo scritto dalla nazionale maggiore è solo il primo di un’avventura, quella in Brasile, appena agli albori ma che già si profila foriera di soddisfazioni. Due nazionali, peraltro, legate tra loro da un filo conduttore che rende molti dei loro interpreti interscambiabili. Pensate a un De Sciglio, tra i migliori nella gara vittoriosa con il Messico: pur esibendo l’autorevolezza di un veterano, sarebbero (ed è) ancora in età per giocare con la Under21di Mangia. Ma lo stesso discorso varrebbe, a parti invertite, anche per Insigne, Verratti e Destro, che avrebbero fatto estremo comodo a Prandelli nella spedizione nella terra del fùtebol. Il parigino e il romanista, peraltro, hanno esordito proprio con Cesare nella nazionale maggiore. Ma il buon senso ha dettato le scelte dei due tecnici evitando di depauperare il livello tecnico della rosa impegnata in Israele e questo senza creare scompensi alla formazione impegnata sui terreni che ospiteranno il prossimo Mondiale. Un unico, enorme lavoro d’èquipe che sembra dare i suoi primi frutti. Andiamo con ordine. Sabato sera (per solito dedicato alle partite della nazionale maggiore), molti televisori italiani erano sintonizzati sulla partita dei ragazzi di Mangia, fatto insolito per un Europeo di categoria. Ma anche indice di una ritrovata, grande voglia di Italia che, almeno nel calcio, sembra essersi impossessata di appassionati, da tempo delusi e desiderosi di seguire le vicende di un qualcosa che li conquisti per davvero, dopo aver palesemente bocciato altri protagonisti della scena italiana (politici su tutti, visto il successo di proporzioni inusitate del partito dell’astensione alle ultime amministrative). Bene, in Israele, si è assistito all’avvincente riedizione, in salsa giovane, della sfida al possesso palla insistito degli arancioni. Una vicenda simile a quella di Euro2000 dove la nazionale maggiore di Dino Zoff aveva opposto una resistenza eroica e a tratti commovente al calcio totale degli allora padroni di casa. In quell’occasione, una difesa ferrea, imperniata sui colossi Nesta e Cannavaro e un Toldo in giornata di grazia (rigori compresi) ci valsero l’accesso a un’insperata finale, poi persa tra mille rimpianti con la Francia. Anche in questo caso, gli olandesi si sono presto impossessati delle redini del gioco, ma stavolta si è sofferto molto meno. Occasioni nitide concesse agli arancioni poche. Anche le nostre, per carità. Ma sempre e comunque l’impressione che, dietro un atteggiamento solo apparentemente rinunciatario, vi fosse un piano di gioco studiato nel dettaglio e applicato con feroce determinazione. Non si avvertiva affatto quel senso di costante soggezione che traspariva nel 2000 e che ci fece gridare al miracolo, scomodando anche termini mutuati dall’epos. No, stavolta le cose sono andate in modo molto più lineare con l’undici azzurro che, progressivamente, guadagnava metri sul campo e convinzione nell’imbastire le proprie trame. Tanto che la splendida rete di Borini, anch’egli già una presenza in nazionale maggiore tra l’altro, pur entusiasmando tutti non coglieva di sorpresa nessuno. Se non qualche spocchioso olandese. Ma era nell’aria. Si avvertiva il senso dell’ineluttabile. E anche la preparazione della rete, affidata all’estro del recuperato dell’ultimo secondo, Lorenzo Insigne ( e che a Napoli se lo tenessero stretto, perché il ragazzo è pronto a raccogliere la pesante eredità di Cavani, pur con caratteristiche diverse), sapeva di segno del destino. L’assist apriscatole di chi quella partita non avrebbe dovuto neanche giocarla. Ora, la Spagna. Uno squadrone. O meglio, lo squadrone per definizione. Nonché i campioni in carica. Ebbene sì, anche a livello giovanile, gli spagnoli dettano legge. Con il collaudato tiki taka impreziosito da individualità di assoluto spessore: i vari De Gea, Montoya, Isco, Rodrigo, Thiago Alcantara e Morata sono già in rampa di lancio. Iniesta, Xavi, Casillas, Sergio Ramos, Xabi Alonso e Villa hanno già trovato gli eredi. Soprattutto, Thiago Alcantara, tra l’altro figlio dell’ex campione del mondo con il Brasile a Usa94, Mazinho, centrocampista con trascorsi a Firenze e Lecce, presenta già le indiscusse stimmate del fuoriclasse. Ragazzi di opetegui favoriti, dunque. Ma attenzione: gli spagnoli, con tanto di Raùl e De La Pena (all’epoca considerato uno dei migliori centrocampisti in pectore d’Europa), lo erano anche nella finale del 1996. Giocata peraltro tra le mura amiche dell’allora stadio dell’Espanyol. Ma vincemmo noi, sia pure ai rigori e, anche lì, tra mille sofferenze. Stavolta, il confronto si presenta con valori in campo molto più vicini.
Quanto alla squadra di Prandelli, l’esordio con il Messico non si presentava sotto i migliori auspici. Con San Marino, poco più di una sgambatura ma, sostanzialmente, partita bruttina. Contro la Rep. Ceca, un pari d’oro che ci vale il pass mondiale quasi matematico ma strappato solo grazie ai miracoli di Buffon e alle imprecisioni di Kozak e soci. Contro Haiti, poi, una figuraccia con pochi riscontri nella nostra storia: una doppia rimonta subita nei minuti finali contro una squadra di allegri e volenterosi dilettanti e nulla più. Da arrossire. E, soprattutto, la consapevolezza di essere arrivati a questa parte di stagione con la spia della riserva di energie accesa e di rosso fuoco. Ora, sarà anche vero che il Messico, a sua volta spremuto da ripetuti incontri per le qualificazioni a Brasile2014, non era a sua volta in condizione smagliante, ma, comunque, gli azzurri (stavolta in completo bianco ma con una bellissima banda azzurra orizzontale, molto vintage) hanno fornito una prestazione che, per almeno i primi 45 minuti, è stata tra le migliori che si ricordino. Perlomeno contro avversari di livello. Con la porta di Corona sottoposta a ripetute prove di tiro al bersaglio da parte di Super Mario e con l’arbitro Osses protagonista in negativo, avendoci negato un rigore solare su Pirlo. Alla sua centesima presenza in azzurro. Cosa volere di più se non una partita, scandita dagli applausi convinti del pubblico brasiliano che vede in lui ciò che magari vorrebbe vedere anche in verdeoro, nella cattedrale del nuovo Maracanà? Andrea ha risposto al quesito: un gol col contagiri su punizione in uno stadio che ricorda ancora quelle meravigliose calciate dal proprio figlio prediletto, Zico. 1-0 e strada spianata verso un comodo e meritatissimo successo? Barzagli non la pensava così e dimostrava le sue perplessità regalando, con un’esitazione fatale, il rigore che, impeccabilmente calciato da “Chicharito” Hernandez, dava l’1-1. I nostri continuavano a premere ma poi, nella ripresa, dopo un altro saggio d’alta scuola su punizione di Pirlo che metteva Montolivo solo davanti a Corona (parata d’istinto), il fisiologico e temuto calo fisico. Senza conseguenze, per fortuna, data la stanchezza accumulata anche dai centroamericani, veramente inconcludenti davanti e con il solo Giovanni Dos Santos a reggere da solo il peso di tutto l’attacco della “Tricolor”. Partita avviata ad un mesto 1-1 da accogliere tra mille recriminazioni e rimpianti. Ma ci pensava Super Mario a chiudere il suo conto personale con Corona e la sorte. Balo, in versione Gulliver, faceva sembrare lillipuziani ben tre difensori messicani e ci regalava il sacrosanto 2-1. Con sciocchezza annessa: l’esibizione del fisico è costata al nostro attaccante il giallo e una robusta reprimenda da parte di Prandelli.
Nel match clou dell’altro girone, invece la Spagna ha, di fatto, ipotecato il primato battendo 2-1 l’Uruguay per cui diventa altamente probabile un incrocio in semifinale tra noi e le “furie rosse”.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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