Quella di due giorni fa in Florida è stata la diciannovesima sparatoria in una scuola americana solo dall’inizio dell’anno. I dati sono quelli di Everytown For Gun Safety, associazione che si batte per un maggior controllo sulla vendita delle armi da fuoco. Ma quella del giorno di San Valentino in una scuola superiore di Parkland è senza dubbio la più grave: tre minuti di fuoco continuo hanno lasciato a terra 17 vittime, quasi tutti studenti una professoressa e uno dei coach della squadra di football, oltre a qualche decina di feriti. Solo due settimane prima, il 23 gennaio scorso, uno studente di 15 anni in un liceo del Kentucky aveva ucciso due altri studenti ferendone altri 20.
Ma la cosa più sconcertante della sparatoria alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, messa in atto dall’ex studente Nikolas Cruz, che ha detto poi agli investigatori di essere stato spinto a farlo dalle voci nella sua testa, descritte come “demoni”, è che l’autore aveva di fatto annunciato il massacro con un post su You Tube: “Diventerò un professionista di stragi nelle scuole”, aveva detto lo scorso settembre. E l’Fbi era stata informata, ricevendo almeno due segnalazioni su quelle frasi deliranti ma quanto mai minacciose. Dopo una breve indagine, però, si decise di accantonare la vicenda. E le minacce furono ignorate.
Gli agenti federali che seguono le indagini su quanto accaduto alla Marjory Stoneman Douglas High School, non lontano dal paradiso delle vacanze di Fort Lauderdale, hanno dovuto ammettere che non furono in grado di individuare da chi realmente arrivasse quel messaggio. E ancora peggio – riferiscono fonti investigative ai media – alcune informazioni che avrebbero potuto essere determinanti per prevenire il peggio non furono condivise con la polizia locale.
Eppure sembra impossibile che nessuno si fosse accorto di quel ragazzo molto difficile, con evidenti disturbi mentali frutto probabilmente di un’infanzia infelice e travagliata. Anche se risultano alla polizia locale decine di chiamate tra il 2011 e il 2016 a casa di Cruz, come riferisce la Cnn.
Lui, orfano, che era stato adottato e che per un periodo sarebbe stato anche ricoverato in una clinica psichiatrica. Ma i suoi disturbi non gli hanno impedito di acquistare armi micidiali di cui era un fanatico, e forse di partecipare a “esercitazioni paramilitari” con una milizia di nazionalisti bianchi della Florida, anche se in serata la polizia ha smentito “ogni legame” con questo gruppo di suprematisti. Molto della personalità di Nikolas emerge dai social media, dove postava materiale che adesso gli investigatori definiscono “parecchio inquietante”, con frasi anti-Islam e diverse foto su Instagram che lo ritraggono col volto semicoperto mentre tiene in bella mostra armi da fuoco e da taglio. La scuola, quella dove è tornato probabilmente per farsi ‘giustizia’, lo aveva semplicemente espulso. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una violenta lite con un altro studente che lo accusava di comportarsi da stalker con la sua ragazza, una studentessa da cui Nikolas sembra fosse ossessionato. La scintilla che ha innescato l’istinto omicida è probabilmente scoccata qui. E’ entrato nella sua ex scuola con un fucile d’assalto semiautomatico AR-15, comprato legalmente, e uno zaino pieno di caricatori, ha indossato una maschera antigas e ha fatto scattare l’allarme antincendio. Quindi ha cominciato a sparare all’impazzata contro studenti e insegnanti che uscivano nel corridoio. E poi dentro le classi, anche attraverso le porte. Alla fine si contano almeno 17 morti e decine di feriti, di cui alcuni gravi. Le vittime sono quasi tutti studenti, ma anche una professoressa e uno dei coach della squadra di football della scuola: due eroi morti per aver fatto da scudo in difesa dei ragazzi. Nikolas è stato catturato dopo circa un’ora: si era mescolato agli studenti in fuga e aveva fatto tappa anche in due fast food, l’ultimo dei quali era un McDonald’s. Incriminato con 17 capi d’accusa per omicidio premeditato, è già comparso con la divisa arancione dei detenuti davanti alla corte per la condalida dell’arresto (senza cauzione) e ha gia’ confessato tutto alla polizia. Rischia la pena di morte.
“E’ triste e tormentato dai rimorsi. E’ pienamente consapevole dell’accaduto ed e’ un essere umano distrutto”, ha fatto sapere la sua legale, Melise McNeill. E mentre tra i banchi delle aule vuote e spettrali continuano a squillare gli smartphone delle vittime, una parte dell’America si chiede quanto ancora bisognerà attendere perché si ponga fine a un fenomeno che non ha eguali nei Paesi occidentali. Con una sparatoria ogni 60 ore nelle scuole Usa dall’inizio dell’anno.
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