Per quanto tutti gli indicatori economici affermino che la ripresa economica è vicina e che l’inversione verso cifre positive dei conti si vada concretizzando sempre di più, non ci si deve aspettare un boom economico. Anzi.
La doccia fredda arriva dal Fondo monetario internazionale che chiarisce, nel rapporto World Economic Outlook, che “la crescita potenziale nelle economie avanzate probabilmente aumenterà leggermente rispetto ai tassi annuali, ma rimarrà al di sotto dei livelli pre-crisi nel medio periodo”.
Nella sua analisi Fmi punta il dito su due fattori in particolare: l’invecchiamento demografico e la lentezza nell’accumulo di capitale. La sfida sarà dunque quella di “accrescere il prodotto potenziale sia nelle economie emergenti che in quelle avanzate”.
E proprio in queste ultime, gli analisti evidenziano come la crescita sia passata da circa il 2% del 2007 all’1,5% nel biennio 2013-2014; la media registrata durante il clou della crisi, ovvero nel periodo 2008-2014, è stata dell’1,3% mentre quella stimata nel quinquennio 2015-2020 si dovrebbe attestare, stando alle stime, intorno all’1,6%.
Si ravvisa, si legge nell’analisi “la necessità di proseguire nel sostegno alla domanda. Per contrastare gli effetti di un periodo prolungato di debolezza dei consumi su investimenti, accumulo di capitale e disoccupazione”. Ancora una volta, le “riforme strutturali” diventano “cruciali per rafforzare l’offerta e l’innovazione”.
Per quanto riguarda invece le economie emergenti, il Fondo punta sugli investimenti nelle infrastrutture e in quelle riforme capaci di “migliorare le condizioni per gli investimenti e aiutare l’accumulazione di capitale umano”.
Un punto evidenziato dagli analisti è stato proprio quello riguardante gli investimenti dei privati, crollati del 25% rispetto all’inizio della crisi. Un chiaro sintomo della “debolezza dell’attività economica”. “Le politiche fiscali e monetarie possono incoraggiare le aziende a investire”, tuttavia non basteranno a riportare i livelli economici a quelli che i mercati facevano registrare ormai otto anni fa.
Un contributo importante al processo di rafforzamento dell’economia e, quindi, dell’accrescimento del prodotto potenziale prima, e dell’aumento degli investimenti privati poi, lo potrebbero dare le riforme strutturali, come quelle destinate alla tutela del mercato del lavoro.
In sostanza, la ricostruzione di un tessuto produttivo solido, garantisce una base solida per la ripresa economica. Le aspettative del mondo finanziario verso quello politico, dunque, continuano a crescere. È evidente che l’emergenza legata alla tutela dei mercati economici principali toccata all’apice della crisi sia passata. Ciononostante, la richiesta di una radicale modifica degli assetti economico amministrativi dei Paesi arriva con cadenza quasi quotidiana. E questo non può non suonare, comunque, come un campanello di allarme.
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