Qualche anno fa si pensava che il riscaldamento globale comportasse solo l’aumento delle temperature, la fusione dei ghiaccai polari e il conseguente innalzamento del livello dei mari sul lungo periodo. Soprattutto, mai si immaginava che saremmo arrivati alla drammatica realtà del momento, con una previsione di surriscaldamento del pianeta superiore ai 4° C attuali. Per evitare catastrofi irreversibili per la società umana, tutti i Paesi riuniti a dicembre al Cop21 di Parigi si sono trovati d’accordo sulla necessità di attuare misure correttive per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra e poter contenere il rialzo termico di 2 °, entro il 2020.
Siamo ormai tutti consapevoli che dobbiamo cambiare stile di vita per restituire alla future generazioni un mondo più ospitale e non condannato al suicidio. Sappiamo, ad esempio, che lo stress ambientale che incide sulla nostra salute rischia di stravolgere definitivamente elementi come terra, acqua, aria e luce solare – che sono considerati, fin dagli albori del pensiero scientifico gli elementi fondamentali della vita sul nostro pianeta.
Foreste di tutti i tipi e di tutti i continenti presentano, a seguito dei rilevamenti effettuati negli ultimi anni, segni inequivocabili di trasformazione, in senso peggiorativo, di colori, forme, strutture e composizione biologica. Il fenomeno, normalmente conosciuto come “declino del bosco” o “forest novel decline”, è noto e studiato da alcuni decenni; ma, al momento, la scienza non è in grado di spiegarlo. Anzi, i ricercatori sono divisi sull’interpretazione dei numerosi dati raccolti in molti Paesi. I pareri relativi agli studi effettuati non trovano molti elenti d’accordo. Alcuni studiosi propendono per una spiegazione che coinvolge colpevolmente e direttamente l’uomo e le sue attività inquinanti per suolo, acqua e aria. Altri non condividono questa chiave di lettura e considerano le prove raccolte l’ ‘evoluzione’, si fa per dire, degli eventi naturali.
Il rapporto diretto causa-effetto tra sintomi di declino dei vegetali simili a quelli osservati in natura e agenti inquinanti è ampiamente dimostrato e accettato, usando materiale vegetale selezionato e sensibile, sottoposto ad alte dosi di inquinanti. Sono altrettanto conosciuti e accettati gli effetti devastanti sugli alberi di una fonte di inquinamento posta a ridosso di un bosco, ove investito dalle sostanze da essa emesse. Il legame tra causa del declino del bosco e agenti inquinanti è invece molto meno dimostrabile quando l’inquinamento è generalizzato e la fonte di inquinamento è diffusa sul territorio o è geograficamente lontana dal sistema forestale esaminato.
L’Europa ha predisposto un nuovo metodo, il progetto Forger, per individuare nuovi strumenti utili a monitorare la diversità genetica delle foreste. E’ infatti essenziale la protezione della diversità genetica per garantire che le foreste europee dispongano della flessibilità necessaria, in futuro, per adattarsi alle condizioni ambientali e alle richieste della società di domani.
Basti pensare che le industrie direttmente o indirettamente interessate allo sfruttamento delle foreste rappresentano circa il 7 % del Pil manifatturiero dell’Ue, e forniscono quasi 3,5 milioni di posti di lavoro distribuiti in oltre 400 000 aziende, la maggior parte delle quali sono piccole e medie strutture.
“Il monitoraggio genetico comporta la verifica dei cambiamenti temporanei nella variazione genetica e nella struttura delle popolazioni degli alberi, allo scopo di valutare con quali risultati la diversità genetica è ben conservata nel tempo, e come essa si evolve in conseguenza del cambiamento climatico e delle pratiche di gestione”. Si esprime così Bernd Degen, membro del team del progetto Forger e capo dell’Istituto di genetica forestale al von Thünen-Institut, in Germania, su Cordis, la piattaforma legata a questo progetto sviluppato dalla Commissione europea.
“Recentemente abbiamo completato il lavoro di monitoraggio sperimentale negli appezzamenti forestali selezionati, e l’analisi dei dati ci ha permesso di formulare delle raccomandazioni per un protocollo migliore relativo al monitoraggio genetico su scala europea”.
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