Gianluigi Paragone è fuori dal MoVimento. Espulso per non avere risparmiato critiche ai vertici e ai colleghi e per avere votato in maniera difforme in diverse occasioni: senatore dal 2018, il 10 settembre 2019 si è astenuto dal voto di fiducia al Governo Conte II. Il 18 dicembre 2019, poi, ha votato contro la Legge di Bilancio 2020 definendola “conforme alla logica della gabbia di bilancio imposta da Bruxelles”. E’ la classica ‘goccia’: il giornalista già direttore del quotidiano di Feltri Libero, viene deferito ai probiviri per violazione dello Statuto dei Cinque Stelle. Il 1 gennaio 2020 viene ufficialmente espulso dal Movimento 5 Stelle in seguito alla decisione del collegio dei Probiviri.
“Cari falsi probiviri, cari uomini del Nulla, voi avete paura di me perché io ho quel coraggio che voi non avete più. Contro la meschinità del vostro arbitrio mi appellerò”.
Così in un post su Facebook dopo la decisione inalienabile del Collegio giudicante.
Nel video che accompagna il post Paragone punta il dito contro “la volontà politica di espellere qualcuno perché è un rompicoglioni, perché è qualcuno che ti sta obbligando a prendere coscienza del fatto che le battaglie radicali, identitarie, antisistema del Movimento Cinque Stelle non sono combattute con quella forza”.
E dai Cinque Stelle si alza in difesa la voce di Alessandro Di Battista in sua difesa: “Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui. Vi esorto a leggere quel che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell’ultima campagna elettorale che ho fatto. Quella da non candidato, quella del 33%”. Di Battista lo scrive non dai suoi profili social, ma commentando il post di un’attivista M5S.
E Paragone ringrazia “per le belle parole che ha usato per me”, in sua difesa. “Ale rappresenta quell’idea di azione e di intransigenza che mi hanno portato a conoscere il Movimento – scrive su Fb -: stop allo strapotere finanziario, stop con l’Europa di Bruxelles, stop con il sistema delle porte girevoli, lotta a difesa dei veri deboli, stop alle liberalizzazioni che accomunano Lega e Pd. Io quel programma lo difendo perché con quel programma sono stato eletto. Ale lo sa”.
Ci sono cinque giorni, da qui al 7 gennaio, data del primo vertice di maggioranza, per rasserenare animi e leader in pieno tumulto: la riunione del post-Epifania vedrà sul tavolo la giustizia, e sulla prescrizione sappiamo che le posizioni di Pd e M5S restano lontane e l’entrata in vigore della riforma Bonafede, celebrata oggi dallo stesso Guardasigilli e da Luigi Di Maio, non raffredda il clima. A seguire, se ci sarà ancora un seguito per questo governo giallo-rosso-, il tema della sicurezza, altro terreno di scontro.
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