Terrorismo, migrazioni, crescita – una priorità “urgente” – e sviluppo economico sono sfide da affrontare insieme. E la possibilità del Brexit è una minaccia per l’economia mondiale. Sono queste, in breve, le conclusioni del G7 che si è riunito negli ultimi due giorni a Ise-Shima, in Giappone.
“La crescita globale è moderata e inferiore alle sue potenzialità”, si legge nella dichiarazione firmata dai capi di Stato e di governo delle sette economie più forti del mondo. “L’escalation di conflitti geopolitici, del terrorismo e dei flussi di profughi complica il contesto economico globale”. Ma “oggi abbiamo dimostrato la nostra capacità di agire concretamente” per “garantire la pace, la sicurezza e la prosperità nel mondo”.
Le migrazioni sono uno dei temi che il documento tratta più a lungo. Rappresentano “una sfida globale che richiede una risposta globale, nel pieno rispetto dei diritti umani e in conformità con il diritto internazionale”. Alla comunità degli Stati, secondo i Sette, tocca quindi “aumentare gli sforzi nella prevenzione dei conflitti” e nella “promozione della pace”. Oltre a rispondere alle questioni sollevate nell’immediato dai movimenti dei migranti – mai così tanti dalla seconda guerra mondiale, si sottolinea – bisogna “affrontare alla radice” il problema, e intervenire sulle cause “socio-economiche” dell’esodo: istruzione, sanità, infrastrutture, diritti umani, civili e sociali. A “coloro che fuggono dalle persecuzioni”, continua il testo, bisogna fornire “rifugio sicuro”; e si “incoraggia l’ammissione temporanea” dei profughi per “alleviare la pressione di quei Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati”. Uno di questi è l’Italia, anche se i numeri sono più bassi rispetto al 2014 e al 2015. Come ha riconosciuto il premier Matteo Renzi, “non siamo in situazione di emergenza”: nell’anno di maggiore afflusso “abbiamo avuto 160 mila persone”.
Contro l’“aumento degli attacchi terroristici”, definito “allarmante” e “una minaccia urgente per la sicurezza globale”, servono “maggiori sforzi di coordinamento” fra le istituzioni, ma anche fra istituzioni, settore privato e società civile. Sullo stesso piano di allarme vanno lette “le atrocità e le violazioni dei diritti umani” da parte di organizzazioni come l’ISIS e al-Qaeda. Per contrastare il terrorismo, spiegano i Sette, bisogna “aumentare la sicurezza del trasporto aereo”, ma anche tagliare i canali di finanziamento dei gruppi armati, iniziando dai riscatti dei prigionieri, intensificare la sicurezza su internet e incoraggiare i servizi di intelligence a collaborare.
La “priorità urgente”, però, come già ricordato, è la crescita globale. I sette Stati si impegnano a “utilizzare tutti gli strumenti di politica monetaria, fiscale e strutturale” per “rafforzare la domanda globale”, mantenendo però “il debito a livelli sostenibili”, con l’obiettivo ultimo di “una crescita forte ed equilibrata”. C’è spazio anche per affrontare l’eventualità del Brexit, l’uscita del Regno Unito dalla UE su cui gli elettori britannici voteranno a giugno, e condannarla come “un grave rischio per l’economia globale”. I Sette temono che possa innescare un’inversione della tendenza all’aumento del commercio internazionale, e generare una contrazione di tutto il settore, con pesanti conseguenze sull’occupazione.
Prima di concludere, i sette leader si dicono “determinati ad accelerare” gli sforzi verso “un sistema energetico” meno inquinante, che emetta meno gas serra, ma senza pregiudicare la crescita economica.
Infine gli appelli alla pace. Il G7 condanna le “violazioni del cessate il fuoco” in Siria, “soprattutto nella zona di Aleppo, da parte del regime siriano”, e invita la Russia e l’Iran, governi amici del presidente Bashar al-Assad, a “sollecitare il regime” a rispettare gli accordi.
I Sette ribadiscono di considerare il governo di unità nazionale di Fayez al-Sarraj come “il solo e legittimo governo della Libia”, e invitano tutte le fazioni nazionali a fare lo stesso.
“Il prossimo G7 si terrà 26-27 maggio 2017”, ha anticipato Renzi alle sue controparti. Per la sede “la nostra proposta è Taormina, vedremo se ci saranno le condizioni logistiche”. La scelta della Sicilia “non è una polemica con altri territori”, ma “un dovere morale” collegato agli sforzi della popolazione nell’assistenza ai migranti:
La Sicilia della Magna Grecia, della bellezza, della filosofia, del barocco ma anche del volontariato e del farsi carico degli altri.
Proprio per questo, la prima scelta del premier era stata Lampedusa, che si è tirata indietro per difficoltà logistiche insormontabili.
“Sarà un appuntamento importante”, ha concluso, “il primo con nuovo presidente o una nuova presidente americana, dopo le elezioni francesi e prima di quelle tedesche”.
F.M.R.
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