“Mi dimetterò come leader del Partito conservatore il 7 giugno“. Da Downing street la premier Theresa May ha annunciato le sue dimissioni esprimendo “rammarico” per non essere riuscita ad attuare la Brexit e affidandone la realizzazione al suo successore alla guida dei Tory, che dovrà essere eletto nelle successive settimane per poi subentrarle come primo ministro.
“Ho fatto del mio meglio” per riuscirci, ha sottolineato. Ora toccherà “al mio successore” portare a termine l’uscita dall’Ue guidare verso l’attuazione della Brexit, ha detto ancora May nel suo discorso. E per farlo “dovrà cercare consenso in Parlamento”, ha detto ancora la leader conservatrice.
“Ho negoziato i termini della nostra uscita”, ha aggiunto la premier. “Ho fatto quanto in mio potere per convincere i parlamentari a sostenere l’accordo. Purtroppo non ci sono riuscita”. Tuttavia May si è detta “orgogliosa dei progressi che abbiamo fatto negli ultimi anni. Abbiamo aiutato più persone che mai ad assicurarsi un lavoro”.
La premier britannica ha rivendicato quindi la politica di “un Partito Conservatore patriottico”, che nella sua visione deve continuare a mirare a “unire la nazione” e a ridurre anche le ingiustizie sociali, predicando “sicurezza, libertà e opportunità”.
“Lascio l’incarico che è stato l’onore della mia vita, la seconda donna premier, ma certamente non l’ultima”, ha concluso il suo discorso, senza nascondere l’emozione, con un riferimento ideale a Margaret Thatcher, la dama di ferro dei tories dal 1979 al 1990. “La nostra politica potrà essere in difficoltà, ma c’è così tanto di buono in questo Paese, così tanto di cui essere orgogliosa”, ha detto ancora. E si è visibilmente commossa esprimendo “enorme gratitudine per aver potuto servire il Paese che amo”.
“Una dichiarazione molto dignitosa da Theresa May. Grazie per il suo stoico servizio al nostro Paese ed al Partito conservatore. Adesso è il momento di seguire le sue sollecitazioni: mettiamoci insieme e attuiamo la Brexit”, scrive su Twitter l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson, fautore di una ‘hard Brexit’ e indicato come uno dei possibili successori della May, dopo l’annuncio delle dimissioni della premier.
Il leader del partito laburista, Jeremy Corbyn, ha accolto con soddisfazione le dimissioni: “una scelta giusta, quanto inevitabile”, ma non crede che un nuovo leader Tory possa fare meglio e torna a invocare elezioni anticipate. La premier, commenta, “ha ammesso ciò che il Paese sa da mesi: che lei non può governare e neppure può il suo partito, diviso e in via di disintegrazione”. Quindi la richiesta del Labour: “Immediate elezioni politiche” nel Regno Unito.
Ha reso omaggio al “lavoro coraggioso” della premier britannica il presidente francese Emmanuel Macron che ha lanciato un appello ad un “rapido chiarimento” sulla Brexit.
Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha seguito la dichiarazione della premier britannica “non con gioia personale”, poiché a Juncker May “piaceva, trovandola una donna di molto coraggio, meritevole di grande rispetto”. Bruxelles resta disponibile al dialogo con il prossimo premier, ma “la posizione non cambia” e l’Accordo di recesso non può essere rinegoziato. Lo ha detto la portavoce della Commissione europea Mina Andreeva.
Uscita vincitrice tra i tanti litiganti che ambivano alla poltrona di David Cameron, dimessosi dopo la sconfitta sulla Brexit, Theresa May in questi anni ha (quasi) sempre mantenuto due punti saldi: portare il Regno Unito fuori dalla Ue; no ad un secondo referendum. L’aver negato la seconda promessa, pur di realizzare la prima, le è stato fatale. E’ stata questa la goccia che ha fatto definitivamente traboccare il vaso della rivolta interna al Partito conservatore, spaccato tra Brexiteers e Remainers, gli euroscettici e i pro Ue. I primi disposti anche ad un’uscita dalla Ue senza accordo, i secondi intenzionati a un ‘divorzio soft’.
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