Batosta per Angela Merkel nelle elezioni regionali tedesche. Nel Land Meclemburgo-Pomerania occidentale, il collegio elettorale della Cancelliera, la sua CDU arriva soltanto terza – con il 19% dei voti – e subisce il sorpasso di AfD (Alternative für Deutschland, “Alternativa per la Germania”), il partito di destra, euroscettico e anti-immigrati di Frauke Petry, che ha ottenuto il 20,8%.
Hanno vinto di nuovo i socialdemocratici, con la riconferma di Erwin Sellering alla presidenza del Land. Ma hanno ottenuto solo il 30,6% dei voti, cinque punti percentuali meno delle precedenti elezioni del 2011. Un risultato in linea con quello della CDU, che ha perso il 4% rispetto a cinque anni fa e ha peggiorato il proprio record negativo nel Land. Ma con l’arrivo di AfD – fondato nel 2013, prima d’ora il partito non aveva avuto occasione di andare alle urne in quel Land – hanno perso consensi tutte le forze politiche, non solo quelle della grande coalizione di governo: la sinistra indipendente di Die Linke cala dal 18,4% al 13,2%, mentre escono dal parlamento statale i Verdi, passati dall’8,7% al 4,8%, e i neonazisti dell’NPD (“Partito nazionaldemocratico”) dal 6% al 3%. Sale invece l’affluenza, dal 51,5% al 61,6%, il che lascia sospettare che il partito di Frauke Petry sia riuscito a smuovere una buona percentuale di ex insoddisfatti.
Il MeckPomm, come lo chiamano in Germania, è il Land dell’ex Germania est che si affaccia sul mar Baltico. Non è uno dei cuori pulsanti dell’economia nazionale: è il più povero dei 16 Stati tedeschi e il terzultimo per popolazione, con un milione e 600 mila abitanti. Ma il risultato delle elezioni avrà risonanza e conseguenze ben oltre i confini locali. Innanzitutto per il dato simbolico: come già ricordato, la CDU è stata sconfitta in casa. Poi perché il confronto si è svolto tutto su temi cari a tutti i tedeschi. AfD ha fatto campagna elettorale a suon di slogan contro gli immigrati, anche se il MeckPomm, tra i 16 Stati federati, è quello che ne ospita di meno. E il presidente Sellering si è trovato a inseguire gli avversari su un terreno dove loro erano molto più preparati di lui.
Gli altri partiti hanno perso consenso perché “per troppo tempo non hanno ascoltato gli elettori”, ha commentato Frauke Petry. In particolare, il “tonfo” di Angela Merkel sarebbe stato dovuto alla sua “catastrofica politica sull’immigrazione”. Negli ultimi giorni della campagna, la Merkel ha cercato di moderare la sua politica di apertura: ha parlato di rimpatri e ha ammesso di aver commesso errori nella gestione dei flussi migratori, ma solo nei suoi primi anni di governo. La sua parola d’ordine è rimasta Wir schaffen das (“Ce la faremo”), e se potesse tornare indietro al 2015, ha detto, rifarebbe le stesse scelte. Anche perché gli alleati socialdemocratici tirano dalla parte opposta.
“Da oltre un anno – dice il leader dell’SPD, il vicecancelliere Sigmar Gabriel – diciamo che non basta dire ce la facciamo, ma che bisogna realizzare le condizioni per l’integrazione e anche fare in modo che i tedeschi non si sentano marginalizzati”. Quanto alle urne, Gabriel preferisce sostenere di aver limitato i danni: “Siamo felici che il nostro presidente in Meclemburgo abbia ottenuto un buon risultato, tenendo conto che solo poche settimane fa i sondaggi ci davano poco sopra il 20%”.
F.M.R.
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