In Giappone le colonnine di ricarica per le auto elettriche sono più numerose delle pompe di benzina. È scritto in un’indagine di Nissan, rilanciata nei giorni scorsi dal World Economic Forum.
Nel paese del Sol levante, i punti per ricaricare le batterie avrebbero superato quota 40 mila, contro le 34 mila stazioni per il rifornimento all’antica. Il sorpasso è compiuto: a noi europei non resta altro che prenderne atto. Casomai tornare ad assaporare quella sensazione un po’ démodé, che fa tanto anni Ottanta, di essere stati surclassati dagli allievi. Magari mentre ci ripetiamo che comprare un’auto elettrica sarebbe fantastico, ma se la batteria si scarica lontano da casa, poi come si fa?
Nel vecchio continente, quando il vocione abitudinario non riesce a coprire la vocina ambientalista, spesso si compra un’auto ibrida: un veicolo con due motori, che costa in proporzione e consuma tantissimo, perché il motore acceso si deve portare in giro il peso morto di quello spento. D’altro canto è quasi impossibile fare altrimenti, perché da noi mancano le infrastrutture. Il problema non è tutto europeo: non va meglio negli Stati Uniti, e pensare che la Tesla Roadster, la prima berlina sportiva elettrica al 100%, è stata concepita, progettata e realizzata in California. Ma fuori dalla California, spesso, non si avventura: la maggior parte delle stazioni di ricarica negli USA – tra cui quelle gestite da Tesla, contrassegnate dai caratteristici obelischi – si trova nello Stato della costa ovest.
Per vendere l’auto elettrica all’automobilista medio servivano infrastrutture diverse: e infatti il modello più diffuso al mondo è la giapponese Leaf, prodotta proprio da Nissan. Ne circolano più di 200 mila esemplari, dei quali circa 60 mila in patria.
Questo non significa che in Giappone non esistano problemi. Tanto per cominciare, la produzione dell’energia che alimenta le auto. Se l’elettricità non viene da fonti “pulite” – compresa quella nucleare, al netto dei rischi e dello smaltimento delle scorie radioattive – il pericolo è che i fumi delle centrali inquinino più delle emissioni dei motori. E poi la velocità di ricarica non è sempre uguale: delle 40 mila colonnine giapponesi, solo 6.469 rispettano lo standard CHAdeMO, che permette di caricare una batteria medio-piccola da zero a cento in meno di mezz’ora. Ma anche in questo caso il Giappone è all’avanguardia: in tutta Europa le stazioni compatibili con lo standard sono poco più di tremila, e negli USA appena 1.686.
Filippo M. Ragusa
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