Giappone, terme benefiche. Anzi hard

Postato da: Ale Manzanillail: Giugno 05, 2015In: Vizi & sfiziNessun commento

Le terme sono sinonimo di relax e benessere per il corpo e per la mente. Le riteniamo infatti il luogo ideale dove poter recuperare almeno parte di quell’equilibrio che la vita caotica e di lavoro ci toglie un po’ giorno dopo giorno. Inutile dire che star bene, prendersi cura della propria persona è un obbligo verso se stessi in prima battuta e poi anche verso gli altri. Superfluo anche precisare che quanto a relax e coccole qualsiasi centro benessere con l’atmosfera giusta è in grado di garantircele. Su questo tutti d’accordo, mi sembra.

Il benessere curativo dovuto alle acque termali è iniziato ad emergere, in Italia intorno al V secolo a.C.. La terapia termale ideale dell’epoca romana, molto affine con la terapia moderna, consisteva in un trattamento da fare in circa quattro settimane: la durata del bagno, inizialmente di 30 minuti, aumentava progressivamente fino a due ore e decresceva al termine del corso terapeutico; bagno e bibita dovevano essere praticati a digiuno; i periodi maggiormente indicati per le cure erano la primavera e l’autunno e si raccomandava che queste fossero eseguite sotto controllo medico.

La crisi dell’impero romano, favorì le invasioni barbariche e l’affermazione della cultura cristiana. Quest’ultima segnò la caduta delle maestose terme romane, a causa del rifiuto della promiscuità e della nudità, praticata fino a quel momento. Ma quella esperienza mutuata da tanti paesi ha trovato degni eredi.

In Giappone per esempio li chiamano onsen. Più propriamente sono stazioni termali, intorno alle quali spesso nascono alberghi con sale da bagno interne che usano l’acqua proveniente da sorgenti riscaldate normalmente di origine vulcanica, alla quale sono attribuite proprietà curative grazie al contenuto minerale.

Nella “Terra del sole nascente” di centri termali se ne contano ancora oltre trentamila, 15 mila dei quali sono dotati di strutture alberghiere mentre quasi 7 mila sono pubblici. C’è dunque da ritenere che in questo Paese vi sia una vera e propria tradizione che porta nei centri termali, più o meno attrezzati, oltre 130 milioni di persone l’anno.

Fino agli inizi del ‘900, uomini e donne facevano il bagno insieme; alcuni bagni misti esistono ancora oggi nelle aree rurali, le più ricche di onsen: qui sono un’attrazione turistica molto frequentata da coppie, famiglie o gruppi di amici in fuga dalla caotica vita di città. Se poi vi aggiungiamo il fatto che i giapponesi considerano importante la “comunione in nudità” – 裸の付き合い hadaka no tsukiai^– perché in grado di abbattere le barriere e far conoscere nuove persone nell’atmosfera rilassata e familiare di un centro termale. Molti onsen tradizionali addirittura vietano ai loro clienti di indossare costumi da bagno, in base alla radicata convinzione che tutto ciò che non sia il corpo nudo sporchi l’acqua.

Ed ecco succedere quello che a Nasushiobara, nel nord del Paese, ha decretato la chiusura della storica stazione termale, esistente da almeno 150 anni. Alcuni di loro si sarebbero infatti concessi anche alcune ripresine ‘hard’.

L’ingresso alla sorgente, che è privo di sorveglianza, costa poco più di un euro mentre in Italia,tanto per fare un esempio, non si scende sotto i 12-15 soltanto per l’ingresso. Sarà questo il motivo per cui Nasushiobara è stato scelto come luogo per accoppiamenti arditi? Oppure c’è da ritenere che le proprietà benefiche delle acque termali nipponiche abbiano effetti collaterali corroboranti, come si dice, a tutto tondo? Preferiamo propendere per quest’ultima considerazione. Ma le terme, come si dice…sono sempre le terme.

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Ale Manzanilla

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