Crescono gli occupati in Italia. Lo riferisce l’Istat che nel suo bollettino trimestrale racconta di un Paese in –lenta ma costante ripresa. Nel secondo trimestre dell’anno “ininterrotta da cinque trimestri – rileva l’Istituto – continua la crescita degli occupati, stimata a +180 mila unità”. Un aumento che riguarda “entrambe le componenti di genere e coinvolge soprattutto il Mezzogiorno (+2,1%, 120 mila unità)” e che interessa sia “gli stranieri (+50 mila unità)” che “gli italiani (+130 mila unità)”. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione si attesta al 12,1%, dopo aver fatto segnare una crescita per 14 mesi e un calo nel primo trimestre del 2015: “alla riduzione del Nord (-0,3 punti) si associa la stabilità nel Mezzogiorno e l’aumento nel Centro (+0,1 punti)” con le differenze territoriali in tendenziale aumento: “l’indicatore varia dal 7,9% delle regioni settentrionali, al 10,7% del Centro fino al 20,2% del Mezzogiorno”. “Partiamo con numeri buoni ma i numeri devono seguire le idee, la determinazione e l’entusiasmo degli italiani”, ha commentato in un videomessaggio Matteo Renzi. “I dati sul lavoro e sulla crescita – prosegue – dimostrano che non siamo alla maglia rosa e non cresciamo più di tutti ma siamo tornati nel gruppo dei Paesi di testa Ue grazie alle riforme che abbiamo fatto e stiamo facendo”. Renzi non si accontenta: “io voglio che l’Italia torni alla guida dell’Europa, punto di riferimento dell’economia europea e mondiale”. Il mercato del lavoro, però, rimane a due velocità: secondo gli analisti, infatti, l’incremento di occupazione “interessa soltanto i dipendenti, cresciuti nel secondo trimestre del 2015 dell’1,1% (183 mila unità), mentre gli indipendenti rimangono sostanzialmente invariati”. Non solo: in aumento “a ritmo sostenuto” anche il numero di contratti “a tempo indeterminato (+0,7%, 106 mila su base annua), associato all’aumento dei dipendenti a termine (+3,3%, 77 mila unità)”, così come va riducendosi “il numero di indipendenti con contratti di collaborazione (-11,4%, -45 mila unità)”. E sempre a “ritmo sostenuto” prosegue anche la diminuzione del numero degli inattivi di 15-64 anni (-1,9%, -271 mila unità) dovuto in circa sette casi su dieci ai 55-64enni. Il tasso di inattività scende al 35,8% (-0,6 punti percentuali)”. Si tratta di numeri che fanno ben sperare, dunque, e che vanno ad aggiungersi all’aumento dello 0,3% – rispetto al trimestre precedente – e dello 0,7% – nei confronti del secondo trimestre del 2014 – del Pil. Ne dà notizia sempre l’Istat, che stima una “variazione acquisita per il 2015 pari a +0,6%. Rispetto al trimestre precedente – si legge nella nota – i principali aggregati della domanda interna hanno mostrato andamenti dissimili, con i consumi finali nazionali in aumento dello 0,3% (+0,4% per i consumi finali dei residenti) e gli investimenti fissi lordi in diminuzione dello 0,3%. Riguardo alle componenti estere si è registrata una crescita più intensa per le importazioni (+2,2%) che per le esportazioni (+1,2%)”. Non sono mancate le reazioni politiche: il deputato Pd Marco Di Maio, della presidenza del Gruppo Pd alla Camera, ha dichiarato che “non ci resta che proseguire per consolidare il percorso avviato. L’Italia si è rimessa in moto, dobbiamo farla correre a pieno ritmo”. Via Twitter, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha commentato – con l’hashtag #cisiamo – “L’economia cresce, la disoccupazione cala, aumentano gli occupati. Ora consolidare e accelerare ma la direzione è giusta. Anche per il ministro del lavoro Giuliano Poletti “I dati di oggi ci dicono che stiamo andando nella direzione giusta: ora dobbiamo accelerare”, mentre il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi auspica che i dati dell’Istat indichino “l’avvio della ripresa vera”. È “certamente importante il calo forte dei disoccupati” commenta il capogruppo di FI alla Camera Renato Brunetta “ma il governo dovrebbe ricordare che il gap con la Germania rimane significativo, visto che lì il tasso di disoccupazione è sotto il 5 cento; che continuiamo ad avere oltre 3 milioni di disoccupati; e che nell’arco annuale la riduzione è molto più contenuta, neanche un punto percentuale”. Anche per il leader della Cgil, Susanna Camusso, i risultati sulla disoccupazione sono positivi, tuttavia invita il premier a “rimanere con i piedi per terra”, a “smetterla con la propaganda” affinché il Paese possa “cogliere le opportunità che sembrano prospettarsi”. “Oggi siamo al colmo di un Presidente del Consiglio che vanta i risultati già raggiunti e superati da Monti prima e da Letta poi, e di un presidente di Confindustria che si domanda come mai la crescita sia così bassa – spiega Camusso – Avevano tutti raccontato tutt’altra storia: il presidente di Confindustria che in cambio della libertà di licenziamento assicurava copiosi investimenti e assunzioni in massa, mentre il Presidente del Consiglio assicurava che le sue riforme avrebbero garantito un’imprenditoria dinamica, innovativa, capace di dare lavoro e prospettive di crescita”. Va osservato, in ogni caso, che con tutta probabilità l’aumento del numero di contratti a tempo indeterminato si profili come il prodotto delle agevolazioni fiscali introdotte dal governo e dagli effetti del Jobs Act: il calo dei contratti di collaborazione, infatti, è con ogni probabilità il prodotto delle disposizioni della nuova legge sul lavoro, che di fatto sostituisce questa tipologia di rapporto a favore dei contratti a tempo determinato. Questi sono tuttavia soggetti a imposizioni fiscali più onerose. Lo scenario, dunque, per quanto possa essere lusinghiero, merita approfondimenti costanti e la disponbilità a introdurre correttivi in tempo reale, allo scopo di sostenere una crescita che, per quanto concreta, resta fragile e lenta.
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