Si sono concluse tragicamente le ricerche di Giulio Regeni, lo studente italiano scomparso al Cairo lo scorso 25 gennaio. Il giovane è stato ritrovato morto in un fosso alla periferia della capitale. Ma le circostanze della sua fine restano ancora tutte da spiegare e le testimonianze delle autorità si contraddicono sui punti chiave.
Le autorità locali non hanno ancora confermato in via ufficiale che il corpo senza vita – ritrovato lungo la Desert Road Cairo-Alessandria, l’autostrada che collega le due maggiori città egiziane – sia proprio quello dello studente italiano. Ma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha già espresso “il profondo cordoglio personale e del Governo ai familiari”, che erano al Cairo già da qualche giorno per seguire le ricerche più da vicino.
“Il Governo italiano – scrive la Farnesina – ha richiesto alle autorità egiziane il massimo impegno per l’accertamento della verità e dello svolgimento dei fatti, anche con l’avvio immediato di un’indagine congiunta con la partecipazione di esperti italiani”. Intanto Federica Guidi, ministro dello Sviluppo economico, ha sospeso la visita ufficiale che stava svolgendo al Cairo con i rappresentanti di una sessantina di aziende italiane.
Nel silenzio delle autorità egiziane, ora si cerca di capire cosa abbia potuto uccidere Regeni. Il giovane è stato visto vivo l’ultima volta lo scorso 25 gennaio, anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, il che aveva fatto sospettare un coinvolgimento degli apparati dello Stato nella sua sparizione. All’inizio si temeva potesse essere stato arrestato in una delle retate decise in base alle “leggi speciali”, che hanno portato tanti oppositori nelle famigerate carceri egiziane; retate tanto più frequenti da quando il presidente Abdul Rahman al-Sisi ha equiparato qualsiasi forma di opposizione al regime, per quanto civile, al terrorismo. Ma Regeni, al Cairo per un dottorato in studi politici internazionali concesso dall’università di Cambridge, era uno studente modello, appassionato dell’Egitto e non faceva attività politica in prima persona. difficile pensare che la polizia egiziana lo avesse preso di mira, a meno che non si fosse trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Secondo il generale Khaled Shalabi, direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, intorno alla morte del giovane “non c’è alcun sospetto crimine”. Le indagini preliminari, riporta il generale in esclusiva al quotidiano Youm7, suggeriscono si sia trattato di un incidente stradale. In particolare si dovrebbe escludere che “sia stato raggiunto da colpi di arma da fuoco o sia stato accoltellato”. Ma la spiegazione apre più domande di quante ne chiuda. Quando è sparito, intorno alle otto di sera del 25 gennaio, Regeni stava prendendo la metropolitana a el-Dokki – un quartiere di Giza, sulla riva sinistra del Nilo – per andare a una festa di compleanno vicino piazza Tahrir, sulla sponda destra. Il suo corpo è stato ritrovato a Medinat 6 october (“Città del 6 ottobre”), gigantesco quartiere che sorge a più di 25 km dal Nilo e dalla piazza considerata il centro del Cairo.
Una testimonianza di segno opposto arriva invece dalla Procura di Giza. Gli ufficiali che hanno svolto l’autopsia sul corpo avrebbero riscontrato “segni di percosse e torture”. Secondo una fonte dell’ufficio del Procuratore generale, si tratterebbe di coltellate alle spalle e ferite da taglio a un orecchio e al naso. Un’altra fonte citata dall’Associated Press parla invece di bruciature. Tutto questo, continua la prima fonte, farebbe propendere gli investigatori per un “movente criminale”.
Mohamed Sobhy, un avvocato egiziano specialista in difesa dei diritti umani, ha scritto stanotte che il corpo di Regeni era in un obitorio a Zeinhom, una zona non lontano dal centro della metropoli e dall’ambasciata italiana. Sobhy ha scritto di aver visto un “impressionante dispositivo della sicurezza nazionale” e che non gli è stato permesso di vedere il corpo.
Stamattina, il sito quotidiano Al Watan ha dato per primo la notizia del ritrovamento del cadavere di un “giovane uomo sui 30 anni” ritrovato nella zona Hazem Hassan di Medinat 6 october. Il sito non lo aveva identificato come quello dello studente italiano scomparso. Secondo Al Watan, il corpo presentava “tracce di torture e di ferite su tutto il corpo” ed era “totalmente nudo nella parte inferiore”, dettaglio che non compare nelle altre ricostruzioni.
La stampa, soprattutto italiana, non tralascia l’ipotesi del coinvolgimento delle forze di sicurezza nella morte del giovane. Ma se fossero confermate le indiscrezioni che circolano oggi, sarebbe ancora altrettanto plausibile un rapimento da parte di criminali comuni in cerca di un riscatto, oppure compiuto a scopo politico contro una vittima straniera. Non si può escludere nemmeno il tentativo di rapina finito in tragedia. E non è impossibile che il corpo sia stato portato lungo la Desert Road dopo la morte di Regeni, per tentare di confondere le tracce dell’accaduto.
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