I figli della provetta scambiata spengono la prima candelina

La storia di questi due fratellini è tutta romana. Nasce presso il centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale Sandro Pertini, dove una triste mattina di dicembre 2013 vengono erroneamente prelevati dalle provette in cui erano stati fecondati ovuli – embrioni – appartenenti ad una coppia per essere impiantati nell’utero di un’altra donna. Solo quattro mesi più tardi, con l’esame del liquido amniotico dei feti, ci si accorge dell’errore: il dna dei gemellini è incompatibile con quello della gestante che si era sottoposta all’esame semplicemente per assicurarsi che la gravidanza procedesse bene. Da lì l’indagine che permette attraverso il codice genetico di identificare i veri genitori. Una volta scoperto il problema e rintracciato il ‘proprietario’ si sarebbe immaginato abbastanza semplice trovare una soluzione al caso. Anche perché nell’errore umano dello scambio potrebbe configurarsi imperizia e negligenza. Ma la legge italiana è molto chiara: i figli appartengono a chi li partorisce. Non vale dunque la legge di natura perché l’uomo stesso ne ha stravolto il significato sancendo che il ventre che culla e nutre un bambino è più importante del patrimonio genetico che ne stabilisce sesso, colore degli occhi e dei capelli, altezza e perfino l’intelligenza.

Insomma, anche il Mater semper certa è stato sconvolto dai nostri tempi incerti. Incerti in fatto di leggi – nel caso specifico il giudice che ha respinto il ricorso d’urgenza al Tribunale di Roma che i genitori biologici hanno presentato per poterli riconoscere, nell’ordinanza ha usato la parola ‘dramma’ -incerti in fatto di valori morali. Certi, questo sì, nella pretesa di un figlio a tutti i costi, che possa servire a consolare la solitudine – anche quando si è in coppia – oppure appagare il bisogno di mettere a frutto quel senso materno che ci si ricorda spesso di avere solo in età avanzata.

Figli come dono spontaneo, espressione di un legame così forte che cerca concretezza oltre la propria esistenza? un concetto desueto, almeno così sembra. Forse i figli dei nostri figli, se mai ci saranno, andranno a riscoprirlo al cinema, seguendo magari un film storico.