Causa spending review i bisturi non tagliano più, i fili di sutura non cuciono più, i cerotti non si attaccano e i telini monouso si strappano mentre li tendo sul lettino. Vabbè che l’articolo 9 ter del decreto legge 78/2015, convertito con legge 125/2015, ha introdotto una nuova prescrizione che richiede alle amministrazioni sanitarie di attivarsi per ottenere una riduzione della spesa corrente, ma spendere bene, oculatamente e razionalmente non piò tradursi sic et simpliciter nello spendere il meno possibile. Perché si potrebbero anche avere sorprese affatto buone.
“I bisturi in Italia non tagliano più”. E’ l’allarme dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) che rileva, sulla base di un’inchiesta realizzata tra gli associati, “il progressivo deterioramento della qualità dei dispositivi medici”, denunciato da tempo “a tutti i livelli, anche dalla nostra società scientifica”.
Per Diego Piazza, presidente dell’Acoi, “la continua ricerca del prezzo di mercato più basso, con criteri di valutazione spesso discutibili da parte delle commissioni regionali, ha determinato un livellamento verso il basso della qualità. Il prezzo non può e non deve essere l’unico criterio di valutazione, a scapito della qualità e della sicurezza”.
I cittadini pazienti, dice Piazza, “hanno diritto, come peraltro stabilito dalla Carta della Qualità in Chirurgia già nel 2007, alla tecnica chirurgia più appropriata secondo gli studi di evidenza scientifica. La mediocre qualità dei bisturi utilizzati oggi ha conseguenze sia estetiche, perché il taglio perde la famosa precisione chirurgica, sia infettive, perché, aumentando il trauma cutaneo per incidere una superficie, si aumenta il rischio di contaminazione batterica della ferita. E’ evidente che, dovendo aumentare la forza per incidere una superficie, si rischia di tagliare oltre le intenzioni dell’operatore. Quanto ai costi, possiamo affermare che si tratta di una scelta antieconomica, perché per uno stesso intervento può essere necessario utilizzare più bisturi, cosa che non si verificherebbe con un buon bisturi che, al contrario, potrebbe essere utilizzato più volte durante lo stesso intervento”.
Per questi motivi “è indispensabile che le società scientifiche di chirurgia siano parte attiva nel processo di selezione e scelta dei dispositivi medici. Se continuiamo a privilegiare il prezzo a scapito della qualità, fino a fare scomparire quasi del tutto le caratteristiche minime di funzionalità del prodotto, addirittura dei dispositivi medici ad elevata tecnologia il cui malfunzionamento può avere affetti letali, che tipo di sicurezza e qualità forniamo ai nostri pazienti?”, conclude Piazza.
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