Separarsi dalla famiglia per necessità, per trovare un lavoro che possa restituire ai propri cari,almeno parte di quella dignità che la miseria toglie. Poi, però, cercare una via, non importa se illegale, per ricongiungersi e riabbracciarsi. Evitando magari i barconi della morte che fanno la spola tra le sponde africane e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
La storia è tutta qui: giovedì 7 maggio, pomeriggio. Alla frontiera di Ceuta, città spagnola situata nel Nord Africa, vicino allo stretto di Gibilterra, si presenta una giovane marocchina, 19 anni, che tira un trolley. La ragazza è nervosa, tanto da insospettire la polizia di frontiera che crede che quella valigia possa contenere una partita di droga. Il bagaglio passa quindi ai raggi X, menre la sua ‘titolare’ tenta la fuga. Intanto gli agenti della Guardia Civil rimangono sbigottiti davanti all’immagine che compare sul monitor: dentro c’è un bimbo rannicchiato. Si chiama Abou, lo dirà lui stesso. Ha 8 anni, parla francese e viene dalla Costa d’Avorio. La ragazza marocchina, a quel punto, ammette di aver ricevuto soldi per esportare clandestinamente questa preziosissima merce. Poco dopo alla frontiera si presenta un signore ivoriano con passaporto e permesso di soggiorno in regola. Per la polizia la vicenda si chiarisce e tutto combacia mentre l’uomo confessa: “Sono il papà di Abou. Ho cercato di ricongiungermi a mio figlio facendolo passare in una valigia”. L’uomo voleva fare in modo che il bambino arrivasse in Europa.
Perché Ceuta. Ceuta ha uno status a metà strada tra quello di un comune e quello di una comunità autonoma. Il suo territorio fa parte del sistema doganale dell’Unione europea e del sistema politico ed economico dell’Unione. Il governo marocchino avanza pretese di integrazione di Ceuta nel Marocco. Il governo della Spagna non ha mai effettuato alcun tipo di trattativa sulla materia.
Nel corso dei primi anni ’90 il fenomeno dell’immigrazione ha scelto le città di Ceuta e Melilla come teste di ponte verso la Penisola Iberica cogliendo impreparate le strutture di accoglienza locali. Dapprima la Croce Rossa e poi altre organizzazioni non governative si fecero carico della gestione umanitaria. Gli immigrati erano di provenienza principalmente subshariana ed asiatica. Le autorità governative locali assieme a quelle nazionali risposero in maniera abbastanza puntuale senza riuscire ad arginare un processo migratorio che si sarebbe protratto fino al giorno d’oggi. Nella seconda metà degli anni ’90 il Governo spagnolo in collaborazione con l’Unione Europea destinò fondi importanti per la costruzione di un perimetro fisico che di fatto ha reso impermeabile il passaggio degli immigrati dal territorio marocchino circostante, destando numerose critiche sull’opportunità di erigere un “muro” contro l’immigrazione clandestina. La nascita contemporanea di un Centro di Accoglienza Temporanea per gli Immigrati (CETI) ha di fatto inserito a pieno titolo le città di Ceuta e Melilla nel panorama geopolitico delle migrazioni transnazionali.
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