Un coro di no ha accolto, in Italia, il primo via libera del Belgio al testo di legge che estende la possibilità dell’eutanasia anche ai minori malati in fase terminale. La bocciatura è stata pressochè unanime, con l’eccezione dei radicali, promotori della Proposta di legge di iniziativa popolare per l’Eutanasia legale, che è stata depositata alla Camera con 67mila firme.
La proposta belga è definita ”inaccettabile” dal vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) Lorenzo D’Avack, che sottolinea come sia ”molto difficile valutare l’effettiva volontà del minore in relazione agli inevitabili condizionamenti esterni cui sarebbe sottoposto”. Sulla stessa linea il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Amedeo Bianco: ”L’eutanasia, in assoluto – ricorda – è vietata dal nostro Codice penale ed anche dal Codice deontologico medico”, e al divieto si aggiunge comunque il fatto che oggi ”sono disponibili efficaci terapie anti-dolore che permettono di alleviare anche le situazioni di sofferenza maggiori”. Un parere contrario giunge pure dal Consiglio nazionale degli psicologi ed un giudizio di condanna arriva dal cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito Pontificia Accademia per la Vita: “E’ un salto sotto il livello di civiltà”.
Respinge la prospettiva del testo di legge belga il mondo politico: per Ncd è ”grave” la direzione presa dal Belgio e per M5s i temi etici non possono essere utilizzati per la ”battaglia politica”. Secondo Scelta civica, è ”pericoloso codificare” l’eutanasia ed il rischio è quello di ”abusi”, mentre la deputata Udc Paola Binetti ricorda come la legge sulle cure palliative preveda anche una rete pediatrica. E’ inoltre ”fondamentale – commenta Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute – non lasciare spiragli, perché poi gli spiragli diventano voragini”, come appunto nel caso del Belgio.
Voce ‘fuori coro’ quella dei radicali: ”Con questo voto – rileva Marco Cappato – il Senato belga si assumerà la responsabilità di non lasciare senza risposta quei minorenni che, insieme ai genitori e medici, sono sottoposti nella fase terminale di malattia a una tortura implacabile e definitiva”.
Un tema complesso, quello dell’eutanasia, che continua ad accendere il dibattito, mentre ancora vivo è il ricordo di due casi che hanno diviso l’Italia: Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, che nel 2006 si fece staccare il respiratore artificiale, ed Eluana Englaro alla quale nel 2009, dopo 17 anni in stato vegetativo ed una lunga battaglia condotta dal padre Beppino, venne interrotta l’alimentazione forzata che la manteneva in vita. Due casi emblematici – sia pure non assimilabili alla pratica dell’eutanasia vera e propria – tanto da essere inclusi nell’aggiornamento de ‘La Piccola Treccani’, pubblicato in questi giorni dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
In attesa che la politica decida, parlano, intanto, i casi concreti: sono 35, afferma l’associazione Exit Italia, gli italiani che negli ultimi 4 anni hanno ottenuto il suicidio assistito in Svizzera e sono tre, nello stesso periodo, le richieste di ‘dolce morte’ per minorenni. Richieste che non hanno avuto seguito, poichè anche in Svizzera il suicidio assistito per i bambini non è consentito.
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