Non ancora da bere, come l’Arno che fornisce alla città di Firenze un’acqua con valori ottimali per l’alimentazione umana. Certamente, però, il ‘Biondo’, parte centrale della vita dei romani da millenni e simbolo della Città Eterna, è tra i fiumi più limpidi della terra.
Come è possibile se osservandolo da un qualsiasi ponte vi si scorge galleggiare in superficie di ogni? Le bottigliette di plastica sono un usuale ornamento, ma anche qualche pezzo un tempo appartenente a chissà quale arredamento non disdegna di essere ospkitato.
Come è possibile, se soltanto sei mesi fa un’improvvisa moria di pesci, causata presumibilmente da antiparassitari e metalli presenti nelle acque, aveva i9mputridito le sponde del fiume per qualche chilometro?
E’ possibile, invece, come spiega il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Erasmo D’Angelis: “passi avanti giganteschi” ne sono stati fatti. Soprattutto è “l‘attività di depurazione portata avanti in 15 anni da Acea” che nonostante gli incidenti, anche i più recenti, ha migliorato la situazione di quello che è il principale fiume dell’Italia centrale, il terzo a livello nazionale.
“Se prendessimo solo il tratto di 56 km di scorrimento da Castel Giubileo alle foci (naturale di Ostia e artificiale di Fiumicino, ndr), il Tevere sarebbe il fiume più pulito del mondo”, ha detto D’Angelis intervenuto al convegno sul rischio idrogeologico nella Capitale e sul “progetto Roma sicura”, che si è tenuto in Campidoglio a fine gennaio.
Cinquantasei chilometri su 405 di percorso totale, dall’appennino tosco-emiliano alla foce nel Tirreno, sembrerebbero un po’ pochini. C’è però da considerare che il Tevere ha anche uno scorrimento extraurbano, attraversa quattro regioni d’Italia e in questo lungo percorso riceve tanti affluenti, alcuni problematici, come il Paglia. Per questo D’Angelis ha voluto presentare nell’ambito dei progetti per “Roma sicura” il sistema di piccole dighe e invasi, da lui definiti “laghi della tranquillità”, che consentirà di tenere a bada “colmi di piena e bassi valori del deflusso”. Si tratterebbe di un’opera di “grandissimo rilievo strategico”, come ha sottolineato il sindaco della Capitale, utile ad immagazzinare le acque di piena, che saranno così sfruttabili anche per l’irrigazione. Con un sistema del genere, ancora solo in progetto ma già messo a gara, si impedirebbe all’acqua di travolgere a valle, proteggendo in questo modo da inondazione un territorio molto largo fino alla Capitale. Il biondo Tevere sarebbe inoltre salvaguardato da quella serie di detriti e rifiuti di ogni genere che la furia delle acque generalmente trasporta.
Per il fiume romano però non è l’unico problema: vi è infatti anche quello delle sponde, devastate da straordinarie piene che si sono ripetute fin dai tempi dei romani, ma anche da una “mancata gestione”, lunga qualche decennio cui con i fondi dell’ex ministero dell’Ambiente, come ha precisato l’autorità di bacino, si sta rimediando “operando sugli 80 km più pericolosi….:piccoli fossi e fossati tombati da rifiuti…”
Le autorità regionali hanno finalmente dichiarato l’intento di migliorare le condizioni del Tevere. Pensare che potrebbe rinascere come il Tamigi, a Londra, che dopo esser stato dichiarato “biologicamente morto” negli anni Cinquanta, causa secoli di inquinamento industriale e cittadino, è tornato ad essere pulito e vivibile, con un ecosistema popolato anche da cavallucci marini, anguille, foche comuni e foche grigie: 125 varietà ittiche, oltre novanta specie di uccelli. Noi, ci accontenteremmo anche solo della metà.
Albi
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