Tired Boy Studying In Bedroom
Il pericolo del bullismo si sposta sempre più sul web. Per il 77% dei presidi delle scuole italiane medie e superiori la rete è l’ambiente dove avvengono più frequentemente fenomeni di minacce e vessazioni nei confronti di coetanei. Meno nei luoghi di aggregazione dei giovani (47%), nel tragitto tra casa e scuola (35%) o all’interno della scuola stessa (24%) . A descrivere il bullismo coi suoi mutamenti è il Censis divulgando i dati di una ricerca svolta insieme alla polizia postale. Dati di cui i genitori mostrano avere poca percezione, declassando gli episodi configurati come bullismo a dispetti tra ragazzi.
Nell’era della comunicazione digitale, dove il 91% dei giovani tra 14 e 18 anni è iscritto ad almeno un social network e l’87% usa uno smartphone connesso a internet, il Censis e la Polizia Postale e delle Comunicazioni hanno avviato un comune percorso di ricerca per capire meglio le implicazioni dell’uso delle nuove tecnologie da parte degli adolescenti. L’obiettivo del progetto è costruire un quadro di analisi utile alla progettazione di campagne di sensibilizzazione per promuovere un impiego dei media digitali sempre più consapevole sia delle loro straordinarie potenzialità, sia dei rischi connessi. Anche alla Scuola Superiore di Polizia, si sono discussi, con i dirigenti e i funzionari della Polizia di Stato che ogni giorno operano sul campo, i risultati della prima fase del lavoro di ricerca: un’indagine realizzata attraverso un questionario distribuito ai presidi e ai dirigenti scolastici di tutte le scuole secondarie di primo e di secondo grado. I dati presentati si basano sulle risposte fornite da 1.727 dirigenti scolastici di tutta Italia.
In sintesi, il 52% dei dirigenti d’istituto, spiega il rapporto, ha dovuto gestire personalmente episodi di cyberbullismo, il 10% casi di sexting (l’invio con il telefonino di foto o video sessualmente espliciti) e il 3% casi di adescamento online. Per il 45% dei presidi il cyberbullismo ha interessato non più del 5% dei loro studenti, ma per il 18% dei dirigenti scolastici il sexting vede coinvolto tra il 5% e il 30% dei ragazzi. Il cyberbullismo è un fenomeno difficile da mettere a fuoco, data la grande varietà di comportamenti che possono essere qualificati come bullismo digitale, ma il 77% dei presidi ritiene il cyberbullismo un vero e proprio reato. E nel 51% dei casi accaduti il preside si è dovuto rivolgere alle forze dell’ordine.
Praticamente tutte le scuole hanno un sito internet, che nel 65% dei casi è gestito dai docenti, nel 16% da personale non docente e nel 12% da consulenti esterni. Nell’86% delle scuole esiste una rete wi-fi, che solo nel 5% degli istituti è liberamente accessibile agli studenti. Il 93% delle scuole ha un laboratorio multimediale, che però solo nel 17% dei casi è aperto anche oltre l’orario scolastico. Il 46% dei presidi è a conoscenza dell’esistenza di una pagina sui social network che riguarda la scuola, anche se nel 55% dei casi è gestita dagli studenti. Nel 47% delle scuole il responsabile della sicurezza informatica è un insegnante, nel 34% un consulente esterno e nel 19% un operatore amministrativo.
Per il 70% dei dirigenti scolastici i cyberbulli sono indifferentemente maschi o femmine, per il 19% invece sono in prevalenza ragazze e per l’11% soprattutto ragazzi. Il 90% dei dirigenti pensa che il fenomeno del cyberbullismo sia più grave del bullismo, perché più doloroso per chi ne subisce le conseguenze e più rapido e duraturo negli effetti negativi sulla reputazione personale. Secondo il 78% dei presidi i cyberbulli tendono a colpire i ragazzi psicologicamente più deboli.
Per l’81% dei dirigenti scolastici i genitori tendono a minimizzare il problema, ritenendo il bullismo digitale poco più che uno scherzo tra ragazzi. Per il 49% dei presidi la maggiore difficoltà da affrontare è proprio rendere consapevoli i genitori della gravità dell’accaduto, per il 20% capire esattamente cosa sia successo. Secondo l’89% delle opinioni raccolte il cyberbullismo è più difficile da individuare rispetto a episodi di bullismo tradizionale, perché gli adulti sono esclusi dalla vita online degli adolescenti. Il 93% dei presidi ritiene poi che l’esempio dei genitori influenzi molto o abbastanza il comportamento dei cyberbulli.
Il 39% delle scuole ha già attuato alcune azioni specifiche contro il cyberbullismo previste dalle linee di orientamento del Ministero dell’istruzione e il 63% intende farlo nel corso di questo anno scolastico. Ma nel 36% degli istituti la partecipazione non va oltre la metà circa dei genitori e nel 59% dei casi si ferma solo a pochi genitori. Il 48% delle scuole che hanno avviato un programma di contrasto al cyberbullismo ha attivato un programma di informazione rivolto ai genitori e il 43% uno sportello di ascolto. Solo il 10% delle scuole ha un vero e proprio programma di monitoraggio attraverso questionari rivolti a studenti e genitori.
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