Il movimento di Palazzo e il manifesto “europeista” delle politiche di austerità è tornato. Più forte che mai. Quel sogno tradizionalista del socialismo europeo, oggi strumento di condizionamento politico e sfruttamento sociale a guida capitalista, tanto caro a tedeschi e amici d’oltralpe, sarà il futuro dell’Italia per i prossimi 5 anni?
In verità questo è il pensiero, non tanto recondito, di quanti, dentro e fuori dei confini italiani hanno voluto il ribaltone estivo che ha riportato in auge gli sconfitti dell’austerità.
L’asse franco tedesco e gran parte dell’Europa insieme alla quinta colonna che opera nel nostro Paese, tirano un sospiro di sollievo: gli amici italiani filo-europei sono nuovamente al potere. La festa è grande. Nei palazzi del potere come nelle sedi di partito della sinistra, si brinda. Sono giornate di complimenti, sorrisi ammiccanti e pacche sulle spalle.
Il Conte bis piace all’Europa, il pericolo è scampato, pensano in tanti oggi a Bruxelles. L’odiato, quanto improvvido Salvini e l’allegra brigata di sovranisti rompiscatole e minacciosi, sono fuori gioco.
Come si usa tra gentiluomini e amici di vecchia data, nelle ore successive al giuramento dal presidente Mattarella, il nuovo governo giallo-rosso e i governi europei si scambiavano messaggi di soddisfazione, regali e convenevoli del caso.
E nello scambio dei cadeaux si arrivava subito alla polpa. L’asse franco tedesco promette un allentamento dei vincoli economici e l’Italia e per irrobustire la nuova Santa Alleanza nomina Paolo Gentiloni, già presidente del consiglio dei governi truffa, Commissario Europeo.
Un capolavoro golpista da manuale. Da ricordarlo ai posteri. E per far comprendere a pieno la nuova aria che spira per noi a Bruxelles, la Presidente Ue, Ursula Von Der Leyen (passata alla presidenza grazie ai voti determinanti dei Cinquestelle), entusiasta della nomina, incontrava subito il neo commissario italiano, in un clima di grande, fraterna amicizia.
Una partita, quella del nuovo corso giocata bene anche sul fronte della comunicazione. Come non definire imbarazzante, quella foto dei due davanti allo scatto che immortala la firma dei Trattati di Roma e la scena da libro “cuore” pompata sulla stampa per dire che la guerra era finita. Anche i riottosi italiani erano tornati a casa. Che bello. Un perfetto ensemble di euforia ed ottimismo.
Da Roma, nel frattempo, il partito democratico sorride. Non appena la presidente tedesca della Ue comincerà a dare le carte, l’amico Gentiloni potrà essere assegnato agli affari economici al posto di Pierre Moscovici. Una vittoria scaccia guai senza precedenti per un governo non eletto dal popolo.
Attendiamoci, quindi, nei prossimi giorni, “la lista delle cose da fare” che Commissione, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale prepareranno per noi sperando solo di non trovarci di fronte ad un replay della gravosa lettera inviataci nel novembre 2011.
All’epoca ci fu imposta una Troika di lacrime e sangue che, negli anni, ha ridotto l’Italia a fanalino di coda dell’Europa. Un disastro provocato dai governi che si sono susseguiti da allora, ben 4, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Esecutivi, lo ricordiamo, che scelsero come soldatini, di obbedire ai diktat, senza trattare o contestare, regalando all’Italia una stagione che ricorderemo per lo smantellamento del Welfare, la politica da rapina del sistema bancario, la privatizzazione di servizi pubblici essenziali, la precarizzazione del mercato del lavoro e la più dura e strutturale riforma delle pensioni che il mondo occidentale ricordi.
Monti e i suoi successori consegnarono l’Italia alla Bce regalandoci nove anni di buio, politico, istituzionale, economico e sociale.
E tutto questo nel silenzio o peggio con la complicità di una informazione distratta alla quale sfuggì anche il fatto strategico che l’Italia, con l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, rinunciava al controllo delle proprie finanze pubbliche, unico strumento per attuare tutte quelle politiche necessarie a garantire pensioni, welfare e sanità pubblica, secondo le modalità che un popolo decide democraticamente. Scelta che in termini semplici e chiari si chiama “stato di diritto”.
Nelle elezioni del 4 marzo 2018 gli italiani avevano deciso di dire no a tutto questo, per voltare pagina rispetto a quel passato da cancellare. E l’assenso a questa svolta fu plebiscitario: undici milioni di italiani votarono Grillo e i suoi uomini e altri milioni di voti confluirono su Lega e Fratelli d’Italia relegando, la sinistra filo Europa delle banche, in un angolo.
La decisione forte e chiara del popolo italiano che voleva il cambiamento si era concretizzata con un voto senza appello: i cittadini comuni sarebbero entrati nei palazzi della politica da sempre occupata da elite lontane dalla gente.
Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, promotori del movimento trionfatore nelle urne, avevano ottenuto un consenso dal nord al sud straordinario, guidando una forza antisistema, che in nome dell’onestà e della giustizia sociale avrebbero perseguito solo principi di legalità, correttezza e meritocrazia. Principi che avevano fatto breccia nella depressione sociale degli italiani.
Quei valori all’ombra di una grande V (quella del Vaffa day ma anche della Vendetta che soprattutto i ceti più deboli rivendicavano) portò i grillini direttamente a Palazzo Chigi.
L’Italia era ad una svolta epocale e l’alleanza con la Lega di Salvini sembrava consolidare questa rivoluzione politico sociale che sarebbe servita al nostro Paese per entrare in un nuovo risorgimento di appartenenza all’Europa. Una lotta di liberazione e di riscatto contro la sudditanza ai poteri forti. Dentro e fuori dell’Italia.
Il sogno per gli italiani, complice il leader leghista Salvini, si è infranto il 20 agosto del 2019 con le dimissioni del presidente del Consiglio Conte. Il governo in carica, frutto di un ribaltone, oggi ha cambiato colore, si è apparentato con i politici che ci volevano servi degli eurocrati, ha spostato indietro le lancette del futuro, catapultando l’Italia nuovamente nelle braccia avide e severe di quella parte di Europa che ci vuole depredati e impoveriti.
E gli italiani? Non staranno zitti. Il fronte antiribaltone, nel rispetto di un voto democratico gettato in maniera fraudolenta nel cestino della storia, è pronto per una nuova opposizione. In Parlamento e nelle strade.
Si comincia domani a Montecitorio con la manifestazione di Fratelli d’Italia e della Lega che sembrano aver scelto la strada dell’opposizione dura e senza sconti. Come aspettative e realtà impongono. Come la volontà di buona parte della società italiana rivendica. Con forza e dignità.
Barbara Ruggiero
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