dal nostro inviato Gianandrea Sapio
Va detto: se si pensa al Mar Nero si finisce ad Odessa, a Sochi, a Istanbul. Difficile guardare alla Bulgaria, ancor più difficile fermarsi a Kavarna o a Capo Kaliakra. Invece, in questo angolo a un passo dalla Romania si trovano storia e bellezze naturali che sarebbe un peccato non conoscere. Un po’ perché terra scelta dalle prime popolazioni europee, che si sono ritrovate sulle rive di Durankolak e li hanno costruito i primi villaggi su terra con abitazioni in pietra, un po’ per la natura che, portando i segni del tempo, tradisce il passaggio dei romani, dei bizantini, dei romeni,dei russi.
Una terra lontana oltre 500 chilometri da Sofia, la capitale bulgara, che sta cercando la sua strada per rilanciare l’economia locale e guarda con convinzione al turismo come leva di crescita. Una leva che, complice il mare, la storia e gli investimenti pianificati dall’Unione Europea, viene percepita come percorribile tanto dalle autorità locali quanto dalle associazioni di promozione e sviluppo del territorio.
Un itinerario possibile
Va messa in chiaro una cosa. Chi pensa a moderne metropoli modaiole è fuori strada. Nel distretto di Dobrich è facile scoprire l’anima di un territorio, la storia comune della popolazione europea, approfondire conoscenze ornitologiche visto che la zona è sulla via Pontica e, quindi, al centro dei flussi migratori dei volatili da e verso il vecchio continente. Non solo, però. Nel triangolo Shabla, Kavarna, Durankulak è possibile scoprire una storia di dominazioni, di ricerca di identità o anche, semplicemente, di scoperta tradizioni alimentari che coniugano – letteralmente – mari e monti.
Kavarna è uno dei porti bulgari sul Mar Nero, durante la dominazione russa era il punto di partenza di circa 50mila mercantili carichi del grano prodotto nelle terre coltivate fino quasi al limite delle scogliere rocciose. Oggi di quel periodo rimane un imponente silos a un passo da uno dei pontili di ormeggio per le imbarcazioni. Il resto è una città in costruzione, che sta realizzando nuove opere a un passo dal porto e nuove infrastrutture per restituire un volto più moderno alla città.
“Cerchiamo nuovi investimenti – spiega Darina Argirova, del Gruppo di Azione Locale Shabla-Kavarna-Balchik – per promuovere queste località da un punto di vista turistico” allargando il pubblico che già oggi conosce Kavarna come sede di uno dei più importanti ritrovi metal rock europei.
Il Kavarna Rock Festival, infatti, catalizza migliaia di appassionati del genere. Ogni anno dal 2006, da quando è stata realizzata la prima edizione per volere del sindaco Tsonko Tsonev – noto a tutti come “Metal Mayor”, sindaco metal, come recita la targhetta applicata sulla porta del suo studio nella sede del Comune – sul suo palco si sono alternati, tra gli altri, Alice Cooper, Motorhead, Slayer, Motley Crue, Scorpions e Dream Theater.
Nelle zone limitrofe alla città, invece, le possibilità di turismo specializzato ed eco turismo sono le realtà più sviluppate. Punto di forza, per l’appunto, l’ornitologia. Il Green Enviromental Center di Shabla è un punto di riferimento per gli appassionati che li possono affittare ogni attrezzatura per l’osservazione presso i laghi di acqua semisalata tra l’entroterra e il mare. Mete da non trascurare, la necropoli di Durankulak, e il suggestivo faro di Shabla. Costruito a immagine del faro di Alessandria di Egitto, con i suoi 32 metri è il più alto della Bulgaria ed è il punto più a est di tutta la nazione. Ai suoi piedi un villaggio di pescatori, Karia, in cui il tempo sembra essersi fermato: piccole imbarcazioni colorate, varate o messe a secco con paranchi e scivoli in legno, matasse di reti a terra, e una attività legata quasi al cento per cento alla pesca, che è cresciuta negli stessi luoghi dove un tempo era sorto uno dei porti romani.
Tracce della presenza di Roma, invece, sono chiare a Capo Kaliakra. A sud di Shabla, Kaliakra è un cuneo di roccia che si slancia nel Mar Nero e che è stato per anni un ambito avamposto militare per il quale combattere, anche duramente. Nelle acque di fronte a Kaliakra si sono scontrate le flotte navali russe e turche, e proprio la fortezza sorta sul capo a picco sul mare è stata l’ultima a cadere durante l’invasione degli ottomani.
Le sue diverse cinte murarie raccontano la storia di come il promontorio è cresciuto: la prima, e più interna, è di epoca greca; la seconda romana e la terza, più esterna, è stata eretta dai bizantini. All’interno i resti delle abitazioni dei cittadini più poveri. I cittadini più abbienti, invece, erano lontano dalle mura, quasi sul mare. Oggi, sulla sommità del Capo, una installazione militare con radar a lungo raggio monitorano e garantiscono la sicurezza delle coste bulgare.
Tra Kaliakra e Shabla, invece, il parco naturale di Yailata, che nasconde una città di 101 “appartamenti”: una necropoli, probabilmente risalente all’epoca dei Sarmati, costituita da loculi e camere mortuarie scavate nelle rocce a picco sul mare. Luoghi che venivano percepiti dalle popolazioni come portatori di energia, e che quindi sono stati scelti come posti dove amministrare riti su pietre sacrificali e che, nel medioevo sono state utilizzate come un complesso monastico. Leggenda vuole che le pietre raccolte sul suolo di Yailata conservino l’energia del luogo dove sono state raccolte e siano porta fortuna per chi le raccoglie. Solo, però se non sono lisce, poiché l’energia si accumula nei fori presenti nella pietra.
La gastronomia del distretto regala sapori di mare. Di fronte alle coste è facile trovare allevamenti di cozze, ingrediente ricorrente nella cucina locale e che si presta a moltissime ricette, così come è facile trovare piatti a base di rombo chiodato, sugarello maggiore, pesce serra, cefalo o aguglie – particolarmente apprezzate dai bulgari come prelibatezza culinaria -.
Non manca mai sulla tavola, ad inizio pasto, l’insalata Shopska – a base di pomodori, cetrioli, cipolle e formaggio caprino – e un bicchiere di grappa che serve a sancire la convivialità del momento e a salutare l’amicizia con i commensali.
“Molti bulgari lasciano questi luoghi – spiegano i responsabili del progetto ‘Kavarna un posto in cui investire’ – pensano ci siano poche possibilità. Forse è vero, ma oggi il nostro Paese va promosso, rilanciato. Kavarna può e deve diventare un polo attrattivo turistico, ma siamo certi possa rilanciare produzioni di filiera corta legate alla pesca e alla itticultura”.
Sicuramente la particolarità dei posti e la bellezza naturalistica rendono la regione una meta interessante per quel turismo meno frenetico e più curioso che rappresenta una interessante fetta di mercato. Che trova un riscontro importante nell’attenzione della società civile alle esigenze del territorio, e a trasformare in opportunità i fondi europei stanziati all’interno dei programmi operativi regionali.
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