Il progetto di Cottarelli per ridurre la spesa pubblica di 32 miliardi in tre anni. Dubbi su dismissioni e privatizzazioni.Tagliare 32 miliardi di spesa pubblica in tre anni, è la sfida affidata al nuovo commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. Nel suo piano propone di fare meglio e di più rispetto alla legge di stabilità, che prevede una riduzione di poco meno di 12 miliardi, a cominciare, però, dal 2015, con un risparmio di 3,6 miliardi per il prossimo anno e di 8,3 miliardi per il 2016.
La nuova manovra, che sarà operativa a partire da febbraio 2014, vuole raggiungere quasi il triplo della quota di risparmio, vale a dire 32 miliardi.
Per farlo, Cottarelli ripropone alcune scelte del precedente governo Monti, quelle che hanno già portato a qualche risultato. Come la gestione centrale degli appalti per forniture e servizi. Funzionerà anche stavolta? Nel 2012 il risparmio per le casse statali è stato di 4,4 miliardi, stessa cifra che si punta a raggiungere con il nuovo piano per la spending review.
Gli altri capisaldi riguardano la soppressione di enti costosi e talvolta inutili. L’abolizione delle province, ad esempio, è uno dei primi punti dell’agenda di Cottarelli e Saccomanni. Il rischio di creare un nuovo pasticcio è dietro l’angolo, perché a dicembre scadranno i commissariamenti di 32 province, che nel 2014, senza un definitivo scioglimento degli Enti, saranno interessate dalle elezioni insieme ad un’altra sessantina, per le quali c’è la naturale scadenza del mandato il prossimo anno.
La riduzione dei costi della politica è stato il tema più dibattuto anche con il recente disegno di legge sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che scomparirà fra tre anni ma rientrerà dalla finestra, anche se con costi ridotti, sotto forma di detrazioni fiscali per chi dona alle forze politiche.
Regioni, Provincie e Comuni devono limitare le proprie spese di funzionamento. Manca, però, un messaggio chiaro sulla soppressione di altri enti, che servono a tenere in piedi migliaia di posti nei consigli di amministrazione.
Per la spending review è richiesto lo stesso passo decisivo necessario per le dismissioni di beni e aziende pubbliche. Poste Italiane, Eni, Fincantieri e Terna sono nel listino delle società destinate alla privatizzazione. A patto che non sia una finta privatizzazione, con il passaggio delle quote dal Tesoro alla Cassa depositi e prestiti, solo con l’obiettivo di fare cassa e trovare la liquidità per tenere il rapporto deficit/Pil al di sotto del 3 per cento e salvare la faccia con Bruxelles.
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