Dopo Inki, il polpo eroico che è fuggito verso la libertà, agli onori della cronaca balza un altro polipo, questa volta meccanico, che promette di rivoluzionare la procedura chirurgica.
Si tratta di un “robot soft” in grado di arrivare, una volta inserito nel corpo umano, al punto da curare senza danneggiare gli altri organi ma aggirandoli grazie alla sua struttura “granulare”: esso infatti riesce, proprio come cefalopode vero, ad inserirsi in piccole cavità, contraendosi e deformandosi. Quando invece l’aria viene aspirata i granuli si compattano e il robot si blocca nella posizione voluta.
“Il polpo è stato il nostro modello perché non ha ossa né strutture scheletriche, si deforma per penetrare in cavità molto strette e quando è necessario si irrigidisce” ha affermato il coordiantore dello studio Kaspar Althoefer.
Le abilità del braccio meccanico sono state sviluppate all’interno del progetto europeo Stiff-Flop del King’s College di Londra del quale è patner anche la Scuola Superiore di Sant’Anna di Pisa. L’istituto superiore della città italiana aveva lavorato anche a quello che è considerato il “nonno” del robot che a suo tempo si era guadagnato perfino una pagine del New York Times.
Octopus e Poseidone, realizzati dai giovani scienziati dell’Istituto di Biorobotica di Pisa nel luglio del 2014, erano dei “robot marini” ma il principio della struttura “soffice” è comunque la stessa.
Finanziato dall’Unione Europea il progetto guidato da Cecilia Laschi, direttore vicario dell’Istituto di BioRobotica, è nato per “carpire i segreti che nascondono la destrezza del polpo, per riprodurli in una nuova tipologia di robot marini dal “corpo” morbido – spiegano i ricercatori – e permettere poi lo sviluppo di complesse applicazioni marine, come per esempio la pulizia del mare, l’esplorazione, il monitoraggio delle acque e perfino operazioni di soccorso”.
Ovviamente si tratta di tre tentativi, tre primi passi verso un’applicazione pratica che per ora, è ancora molto lontana. Per quanto riguarda l’ultimo prototipo, dopo una prima fase che servirà a stabilire i canali di comunicazione tra robot e il chirurgo, si potrebbe passare alla sperimentazione animale. Per ora, le abilità del polipo chirurgo sono state esercitate solo su cadaveri.
“Abbiamo dimostrato la fattibilità di questo approccio e adesso vorremmo sperimentarlo su esseri viventi, consapevoli che questo richiederà ulteriori sviluppi”, ha aggiunto Althoefer.
P.M.
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