Renzi tende la mano alla minoranza: “se passa il referendum, dopo cambio l’Italicum”. La partita del referendum costituzionale si avvicina e il premier Matteo Renzi cerca di placare la bufera in casa Pd promettendo in cambio dell’appoggio alla riforma, “tempi certi” per cambiare ciò che alla minoranza Dem e alle opposizioni non piace dell’Italicum. Apprezzato il “passo avanti” dalla maggioranza della direzione Pd ma per Cuperlo, Speranza e Bersani è ancora “no”.
Se passeranno le modifiche alla seconda parte del testo costituzionale, il premier si impegna già da ora a cercare un “punto di accordo” con minoranza ed opposizione (M5S) sulle tre questioni fondamentali della legge elettorale: il ballottaggio; il premio alla lista o alla coalizione; il modo in cui si scelgono i candidati (collegi, liste bloccate o preferenze).
“Smontiamo l’alibi dell’Italicum, per non perdere l’occasione della riforma costituzionale” ha affermato il premier davanti alla direzione Pd. Renzi ha annunciato di volere formare una delegazione composta dal vicesegretario Lorenzo Guerini, i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda, il presidente del Partito democratico Matteo Orfini, più un esponente della minoranza, proprio per discutere di questi cambiamenti.
“L’impegno è iscriverlo in discussione nelle commissioni competenti nelle due settimane immediatamente successive al referendum, entro fine anno” ha aggiunto il presidente del Consiglio.
Un Pd diviso non fa bene all’immagine del partito ma soprattutto non fa bene ad un Governo in piena campagna referendaria: “Se non c’è una proposta vera entro il 4 dicembre, voto No e mi dimetto dalla Camera”, annuncia il deputato Pd Gianni Cuperlo. Ma Renzi afferma di voler uscire dal dibattito “autoreferenziale” e il “litigio permanente, a metà tra talk show petulante e telenovela stancante”. Della serie, ora non c’è tempo. Si litigherà poi.
Il Pd farà propria la proposta Chiti-Fornaro per l’elezione diretta dei senatori-consiglieri regionali. Anche per Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera “la proposta di Renzi non è sufficiente, serve un’iniziativa del Pd e del governo”.
“Non è mai esistito e non esiste e non può esistere alcun vincolo di partito sulle riforme costituzionali“ ha detto ancora Luigi Bersani.
“La si può pensare diversamente sul referendum ma per me la scissione non esiste” ha affermato Roberto Speranza, che guida l’area di minoranza Pd Sinistra Riformista.
Alla fine, la relazione è stata approvata all’unanimità, ma la minoranza non ha partecipato al voto: sulla riforma costituzionale per i dem è ancora “no”. Il ministro degli esteri Paolo Gentiloni invita la minoranza a fermarsi a riflettere per non consegnare il Paese “a Grillo e Salvini”.
“Non ha mai voluto aprire una trattativa serie sulla legge elettorale sennò invece di fare chiacchiere l’avrebbe presentata in Parlamento. E lì aperto il confronto” ha sottolineato il premier riferendosi ai tentennamenti della minoranza dem. Insomma, Renzi tende la mano ma non rinuncia a qualche bacchettata. Intanto però, il 4 dicembre si avvicina.
“Invito i commentatori a tener conto di una cosa: solo se la Pinotti [Roberta Pinotti, ministro delle Difesa n.d.r] schiera l’esercito mi si potrà far fuori dal mio partito. Quella è casa mia”, ha detto Pier Luigi Bersani, negando come Speranza l’eventualità di possibili scissioni interne.
Laurea magistrale in Storia contemporanea presso L'Università degli studi Roma tre. Master di primo livello I mestieri dell’Editoria, istituito da “Laboratorio Gutenberg” di Roma con il patrocinio del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso “Università Sapienza di Roma”. Dopo la laurea ho svolto uno stage presso Radio Vaticana, dove ho potuto sperimentare gli infiniti linguaggi della comunicazione.
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