Si inaugura domani, 9 maggio, a Torino, il Salone internazionale del libro, la più importante manifestazione italiana nel campo dell’editoria che da qualche giorno sembra essersi trasformata in un vero e proprio scontro fra case editrici.
Rimarrà aperta fino a lunedì 13 maggio la 23esima edizione della fiera che quest’anno ha scelto come titolo rappresentativo dell’evento: “La cultura non contempla frontiere o linee divisorie, la cultura i confini li salta”. In realtà non è proprio così, visto che da giorni si è alzato un polverone di polemiche sulla presenza al Salone del libro della casa editrice Altaforte, la stessa cui è stato affidato il libro-intervista al ministro dell’Interno Matteo Salvini, curato dalla giornalista Chiara Giannini, Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio.
Altaforte Edizioni è vicina a Casapound, il movimento di estrema destra coinvolto nei recenti episodi di Torre Maura, a Roma, e nello stupro di Viterbo. Sul suo sito la Casa editrice si presenta come “un marchio editoriale di riferimento pensato per rispondere a chi chiede chiavi di lettura alternative rispetto alle interpretazioni omologate”. L’editore fa capo alla società Sca2080, la stessa che pubblica il mensile Il primato nazionale, che si definisce “periodico sovranista”, insieme ad altre riviste. L’amministratore unico di Sca2080 è Francesco Polacchi, romano 33enne e attivista di Casapound dal 2004, già noto nel panorama della cronaca italiana per essere stato arrestato nel 2007 con l’accusa di tentato omicidio, ora coordinatore del movimento di estrema destra per la Lombardia.
La presenza di Altaforte al Salone dei Libro edizione 2019 ha portato a una serie lunga di rinunce inaugurata il 4 maggio con le dimissioni dello scrittore Christian Raimo dal comitato editoriale. A seguire la presidente nazionale dell’Anpi, Carla Nespolo, che ha annullato la sua partecipazione. Lo stesso hanno deciso il fumettista ZeroCalcare, la casa editrice People, il collettivo di scrittori Wu Ming e il saggista Carlo Ginzburg, che avevano già annunciato il loro no.
Dal canto suo, il comitato d’indirizzo del Salone, presieduto da Maurizio Rebola, direttore della Fondazione Circolo dei Lettori, difende il “diritto per chiunque non sia stato condannato per la propaganda di idee fondate sulla superiorità e l’odio razziale di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri”, rivendicando allo stesso tempo “l’altrettanto indiscutibile diritto di chiunque di dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore”.
La diatriba si pone, quindi, su due livelli: quello della legalità, per cui ogni casa editrice ha diritto di partecipare ed esprimere la propria linea editoriale; quello politico e della moralità, predispone invece in questo caso molti dei partecipanti al rifiuto ad accettare che uno spazio all’interno del Salone venga dedicato a una realtà quale Altaforte.
Ma dove inizia e dove finisce la libertà di espressione? La risposta contenuta nella nostra Costituzione all’art. 21:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”
dovrebbe essere esaustiva. Evidentemente non lo è, invece, se è vero che è stato presentato un esposto in procura per apologia del fascismo contro Francesco Polacchi dalla sindaca di Torino, la 5 Stelle Chiara Appendino, e dal presidente Pd della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Una carta giocata soprattutto per tentare, all’ultimo momento, di offrire agli organizzatori del Salone l’occasione per tenere fuori dalla manifestazione chi dice di «essere fascista» e che «l’antifascismo è il vero male di questo Paese». La denuncia si basa infatti su queste due frasi pronunciate da Polacchi a Radio 24 e poi ribadite più volte lunedì scorso, quando la polemica da culturale è diventata politica. La denuncia è arrivata alla procura di Torino e confluirà in un fascicolo che sarà affidato al procuratore aggiunto Emilio Gatti.
«Abbiamo deciso di dare un segnale politico molto forte», sottolinea il governatore Chiamparino. E aggiunge: «Riteniamo ci possano essere gli estremi che prefigurano la violazione delle norme in materia di ricostituzione del partito fascista». La sindaca dice invece che «l’intolleranza si combatte con il diritto». La strada dell’esposto è un modo per lanciare un segnale politico e uscire dall’angolo. Non solo. Con l’apertura di un’inchiesta da parte dalla magistratura gli organizzatori del Salone, il Circolo dei Lettori e l’associazione Torino, città del libro, potrebbero avere un’arma in più per lasciare fuori dal Salone Altaforte. Dipende da cosa succederà nelle prossime ore, prima del taglio del nastro, domani. Intanto Polacchi ha abbassato i toni. La polemica è scoppiata sabato 4 maggio, quando il Comitato di indirizzo della Fiera, dopo una presa di posizione del direttore editoriale Nicola Lagioia che chiedeva di esprimersi sulla presenza di Altaforte, dice sì alla editrice vicina ai neofascisti. Un’esclusione può esserci solo in caso di condanna e di intervento della magistratura.
AGMC
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