Stavano gettando le reti a 35 miglia a nord di Bengasi i 18 pescatori siciliani finiti il 1 settembre scorso nelle mani delle milizie del generale libico Haftar. Forse una vendetta dello stesso per essere stato deliberatamente ignorato dal nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in visita proprio nella stessa giornata a Tripoli e a Tobruck: proprio quella sera le truppe di uno degli uomini più potenti, l’ostacolo più grande al processo di pace in un Paese dove si combatte una guerra civile praticamente dal 2011, hanno sequestrato due pescherecci di Mazara del Vallo con 16 uomini d’equipaggio insieme a due comandanti di altri due pescherecci in fuga verso l’Italia.
Per usare un ossimoro molto comune, sulla vicenda da quasi due mesi aleggia un silenzio assordante.
«Dove sta il ministro degli Esteri? Come può essere cieco e sordo davanti al sequestro di diciotto italiani in Libia?». Le domande di Patrizia Marrocco, deputata di Forza Italia, sono quelle che pongono le famiglie dei diciotto pescatori prigionieri a Bengasi. I miliziani accusano i due pescherecci, salpati dal trapanese, di aver pescato in acque territoriali libiche. Alle famiglie non arriva alcuna informazione mentre la Farnesina tace: dall’unità di crisi non rispondono. «Di Maio brilla per assenza. Parla un po’ di tutto, si interessa di questioni locali in tutta Italia, ma non chiedetegli di crisi internazionali e tantomeno di Libia, perché non sa o non vuole parlarne». Circa un mese fa, insieme al presidente del Consiglio Conte ha incontrato una delegazione dei familiari dei 18 ostaggi nelle mani dell’esercito libico. Neanche a dirlo, sono disperati. Al loro dramma si somma la disattenzione delle istituzioni e di buona parte dei media: la crisi Covid assorbe tutto, lasciando i pescatori siciliani in un cono d’ombra inquietante. «Molto inquietante», puntualizza Marrocco. «Perché dalla sola telefonata fatta in due mesi ci hanno detto di non essere trattati male, forse per non far preoccupare troppo le famiglie. Ma è arrivata una foto di cinque di loro. Zoomando si sono notati segni violenti. Graffi, tagli, segni di catene sui corpi».
Di Maio tace (verrebbe proprio da dire che non sa che pesci pigliare..). Ecco perché le famiglie hanno piantato le tende a Roma, proprio davanti a Palazzo Chigi, in segno di pacifica protesta. Fino a che Conte le ha incontrate, lì sulla piazza. Ma le famiglie dei sequestrati non si sono arrese e sabato scorso hanno condotto una “marcia per la libertà” da Albano laziale a Montecitorio.
Trenta chilometri per scandire le loro ragioni: «Da 55 giorni non abbiamo alcun dato certo di come stiano i nostri pescatori – continuano i familiari – le risposte arrivano sempre uguali, dal primo giorno ci dicono che stanno bene, che sono trattati bene, che mangiano, che hanno ricevuto i farmaci di cui qualcuno di loro ha bisogno, ma mai abbiamo avuto una prova certa delle loro buone condizioni. Da 35 giorni le mogli e le figlie dei nostri connazionali presi da Haftar dormono ogni notte davanti al Parlamento. Tra loro una signora di 74 anni, le figlie 20enni di due marittimi, diversi bambini. «Non è mai sceso nessuno a darci conforto, a proporci una sistemazione, a dirci di non stare al freddo, a digiuno, a rassicurarci con risposte più concrete, dirette. A darci una parola di conforto». Dietro le quinte, un contributo concreto alle famiglie accampate lo avrebbero dato le parlamentari siciliane Giusi Bartolozzi, Stefania Prestigiacomo e Matilde Siracusano, tutte di Forza Italia, oltre alla Marrocco che è eletta nel Lazio. E in aula Forza Italia ha interpellato il ministro degli Esteri con un question time.
«Il nostro caro ministro – dice l’armatore di una delle due navi, Marco Marrone – non si è preoccupato mai una volta di passare da noi e dire di andare via, a proporci un contatto diretto. Ci sarebbe bastato anche questo, ma non c’è stato, e noi continueremo finché non verranno rilasciati i nostri pescatori». La Farnesina assicura: le notizie sono confortanti, le trattative richiedono discrezione. Ma aver tagliato i contatti con i familiari appare atipico, nella storia della gestione delle crisi da sequestro in Libia.
Haftar e Serraj hanno firmato venerdì a Ginevra uno storico accordo per il cessate il fuoco permanente, accolto con ottimismo dalle cancellerie europee che hanno seguito, con le Nazioni Unite, il negoziato. «Chiediamo ad Haftar come parlamentari italiani – dice ancora l’onorevole Marrocco – se vuole dare seguito vero al cessate il fuoco, di interrompere le ostilità anche verso i pescatori italiani».
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy