La pausa di campionato dedicata alle nazionali ci riporterà al nostro consueto tran tran sabato-domenicale con una certezza acquisita: staremo incollati alla poltrona anche la prossima estate. A seguire gli azzurri di Prandelli, certi di avere una nazionale non solo presente ma anche protagonista, se non da titolo, quantomeno in grado di recitare un ruolo di primo piano. Sì perché dopo una tremebonda affermazione a Palermo contro una Bulgaria molto tonica, oltreché coriacea, ieri, in quella splendida bomboniera che è lo Juventus Stadium, abbiamo calato il bis contro la Repubblica Ceca, onorando il pronostico anche sotto il profilo della prestazione. Se venerdì la copertina era stata tutta dell’isolato match winner Alberto Gilardino e dei miracoli di un Buffon che, giunto a quota 136 presenze, ha agganciato Cannavaro nell’olimpo dei più “azzurrati” di sempre, scomodando, da parte dei più, improvvisate istanze di beatificazione, ieri sera la protagonista assoluta è stata la squadra. Nel suo complesso. Va bene, Balotelli si è ritagliato il doveroso spazio prima facendoci imprecare con una sequenza incredibile di errori marchiani sotto porta, poi procurandosi e trasformando il rigore del definitivo sorpasso sul 2-1 (e dagli 11 metri, Mario sembra non conoscere un finale alternativo alla palla nel sacco), ma tutta la formazione di Prandelli ha giocato come sa e come ci si attende. Qualche patema lo abbiamo vissuto solo dopo, causa un evidente calo di intensità dei nostri, molto provati dallo sforzo di rovesciare un match che si era messo male per colpa di sciali nostri e di isolate prodezze altrui ( il vantaggio ceco è frutto di un’azione da far vedere e rivedere alle scuole calcio, dalla verticalizzazione di Rosicky alla volata con cross a rientrare di Jiricek, alla spaccata vincente dell’ex laziale Kozak). In realtà, abbiamo sofferto solo nell’ultima mezz’ora e qui l’indubbia classe di alcune individualità dei mitteleuropei c’entrava fino a un certo punto. Troppo compassata la manovra ceca per creare reali pericoli, piuttosto troppo molli i nostri nella gestione del fraseggio in mezzo al campo. Un aspetto, la continuità nell’arco di tutti i 90 minuti, su cui Prandelli dovrà certamente lavorare. Oltre che sulla scelta definitiva di un modulo, visto che si è partiti con un 3-4-2-1 con Balo punta unica e Giaccherini e Candreva a fornirgli sostegno, per poi concludere la “remuntada” con un più funzionale 4-3-3 e De Rossi riportato nel suo alveo naturale di centrocampista. Ma grazie a questo successo, oltre ad aver aggiornato le nostre statistiche (mai una qualificazione ad un Mondiale era giunta con così largo anticipo: ben due turni), il nostro Ct ha guadagno, di fatto, due preziose amichevoli in più da sfruttare per la messa a punto della vettura azzurra: Danimarca e Armenia serviranno a provare non tanto nuovi giocatori ( il gruppo, ormai, è definito, salvo cataclismi) quanto schemi e modulo. Super Mario ha fatto sapere, a fine gara, di preferire un compagno accanto a sé. Vedremo cosa ne penserà il tecnico di Orzinuovi. Poi, due amichevoli già programmate prima della sosta natalizia e solo un’altra a fine marzo. Non molti test a disposizione, dunque. Retaggio di un calendario sin troppo orientato sugli impegni dei club. Ma stiamo provando, per la prima volta da tempo immemore, la piacevole sensazione di avere problemi da ricchi. Sì perché noi in Brasile ci saremo. Delle altre big che comunque, vedrete, arriveranno tutte a destinazione, al momento la sola Olanda ha staccato ieri il pass. Ma Germania (ancora complimenti al primato di reti in maglia bianca di Miro Klose, sia pure in coabitazione con il mostro sacro Gerd Muller), Spagna, Argentina (un rotondo 5-2 sul sempre difficile campo di Asunciòn nobilitato dalla doppia griffe di Leo Messi) devono solo ritirare i rispettivi passaporti. Oltre alle rivelazioni annunciate: Belgio e Colombia che sprizzano talento e gioventù da tutti i pori. Qualche grattacapo in più lo avranno, invece, il Portogallo di CR7, scavalcato dalla Russia di Don Fabio Capello, Inghilterra (ma i tre leoni sul petto sembrano piuttosto dimessi) e Francia (normale, se nel proprio girone c’è una certa Spagna). La notte sudamericana ci consegna anche il rientro nel giro delle papabili ad un posticino anche quell’Uruguay di Tabarez che tanto male aveva iniziato. Ma se davanti si hanno Cavani, Suarez e Forlàn sperare di rientrare non è utopia. Ma, ripetiamo, noi, chiunque siano gli altri invitati al gran ballo carioca, un posto in prima fila lo abbiamo già.
Daniele Puppo
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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