È un grafico perennemente in discesa quello che segna il trend dei cattolici praticanti in Italia, mostrando una situazione religiosa sicuramente non certo delle più floride rispetto ad altri paesi a tradizione cattolica.
In pratica vanno in chiesa ogni domenica il 40% degli anziani sopra i 65 anni, mentre nella fascia compresa tra i 45 e i 60 anni la percentuale scende al 25% , rispetto al 15% circa dei giovani tra i 18 e i 29 anni.
A fotografare il quadro è l’Istat, ma ad andare al di là dei numeri è il sociologo Franco Garelli che analizza i dati per Settimana, il periodico cattolico dei Paolini. La pratica regolare nel 2015 ha coinvolto il 29% degli italiani. Una indicazione di apparente stabilità, almeno nel breve periodo, ma che di per sé non rappresenta nessuna inversione di tendenza. Ecco perché.
Garelli spiega che prendendo in esame la pratica religiosa dell’insieme degli italiani con più di 6 anni, “il dato medio dell’Istat risulta un po’ drogato dalle ali estreme delle popolazione (i bambini da un lato e i soggetti con più di 75 anni dall’altro) che sono i gruppi che presentano la più alta partecipazione al culto domenicale”. Ad esempio: ben il 52% dei bambini e dei ragazzi dai 6 ai 13 anni hanno frequentato nel 2015 i riti almeno una volta alla settimana.
Si tratta di un calo generalizzato e i dati più interessanti emergono proprio dall’andamento nel tempo della pratica religiosa che caratterizza le diverse classi di età. Dal 2006 al 2015, quindi nell’arco dell’ultimo decennio, il gruppo che più si è assottigliato nella pratica religiosa regolare è quello dei giovani dai 18 ai 24 anni, che ha perso ben il 30% dei frequentanti. Lo stesso è avvenuto tra gli adulti dai 55 ai 59 anni. Mentre le flessioni sono più contenute per i 25-29enni (- 20%), per gli italiani dai 40 ai 50 anni (- 10%), per gli anziani (-12%).
Che molti giovani non vadano a messa non è un dato che sorprende, preoccupa di più la scarsa partecipazione degli over 50. Secondo Garelli la discesa della percentuale dei fedeli over 50 è socialmente più nuova e curiosa: può indicare che si è di fronte ad una particolare “faglia” della vita, a un momento della biografia personale denso di novità e di cambiamenti.
In questa fascia di età varie persone stanno ridefinendo il proprio cammino, costruendosi un’altra vita, intrecciando nuove relazioni, affacciandosi ad esperienze diverse, quando la carriera è agli sgoccioli, i figli sono ormai adulti e sistemati, il rapporto con il partner di un tempo si è esaurito. Questo cambiamento di orizzonte non può non riversarsi anche sulla pratica religiosa, che viene così sospesa o pensata diversamente.
Sulla questa, poi, pesa anche il disagio economico che può essere vissuto come un abbandono da parte di Dio. “Non mancano infatti casi che giungono alle stesse conclusioni per effetto della crisi economica e sociale a cui possono essere esposti o a seguito di ferite che derivano dal proprio vissuto (perdita di amici cari, licenziamenti, pre-pensionamenti, rapporti difficili in famiglia)”.
“Per cui in un periodo di vita più segnato dalla precarietà, anche il rapporto con la fede religiosa tende a offuscarsi e a indebolirsi”, conclude Garelli.
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