“Inginocchiati o ti sparo”.
Non lo disse Al Capone, che di genuflessioni se ne intendeva, visto che per organizzare uno degli episodi più cruenti della storia della malavita statunitense, la strage di San Valentino a Chicago, ordinò ai suoi emissari di freddare a sangue freddo sette membri di una banda rivale in un garage della città: tutti furono fatti inginocchiare prima di soccombere sotto le raffiche di mitra.
Quel “Inginocchiati o ti sparo”, echeggiato dopo una violenta discussione all’interno di un ristorante e proseguita in strada, è uscita direttamente dalla bocca di Albino Ruberti, capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Tipo fumantino, riferisce chi lo conoscere bene, capace di perdere le staffe persino ad una partita di tennis di beneficenza per un punto contestato.
«Me devono venì a chiede scusa per quello che mi hanno chiesto a cena… A me non me dicono ‘io me te compro’ – ha urlato l’esponente dem già capo staff del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti – Je dò cinque minuti pe venì a chiedeme scusa in ginocchio. Se devono inginocchià davanti a me e chiedere scusa. Altrimenti io lo scrivo, a tutti, quello che sti pezzi de m… mi hanno chiesto. Non se devono permette de dimme ‘me te compro’. Io li sparo, li ammazzo»
ha aggiunto poi il ‘Rocky’ (soprannome dato da chi ne conosce il temperamento e le reazioni) delle istituzioni capitoline. A testimoniare l’episodio di qualche mese fa un video pubblicato da Il Foglio, ora diventato virale sui social.
Tutto accade a Frosinone durante una cena al ristorante ‘Plinio’. Numero dei commensali imprecisato e un diverbio un po’ troppo acceso su ‘questioni calcistiche’, a detta del principale attore, che sarebbe continuato in strada con esplicite minacce di morte ai suoi interlocutori, il dem ex deputato europeo e candidato alle politiche di settembre Franceco De Angelis e suo fratello Vladimiro. Presente anche la consigliera regionale Pd Sara Battisti, compagna di Ruberti. Un passante riprende la violenta lite che il quotidiano di Claudio Cerasa poi pubblica. Interviene anche qualcuno che per calmare gli animi assicura che è stato chiesto l’intervento dei Carabinieri, ma l’alterazione di Ruberti, che continua ad inveire e minacciare, non si placa.
La gravità dell’episodio, che sarà meglio valutato dagli Organi competenti alla luce della registrazione di cui sopra, fa dire al segretario del Pd Enrico Letta che «il caso Ruberti non può restare senza conseguenze». E subito arrivano le dimissioni dall’incarico di capo staff del sindaco Gualtieri al quale per lettera Albino Ruberti comunica di essere “a disposizione per ogni chiarimento che riterrai necessario”.
Ma la vicenda ha sollevato, c’era da aspettarselo, un vespaio. Con reazioni a sinistra e – soprattutto – tra gli schieramenti opposti.
“E’ il soave ambientino del Pd romano “, twitta Carlo Calenda, leader di Azione, e polemicamente annota ciò che sanno bene, per averlo lungamente provato sulla propria pelle, i tanti nemici giurati dei dem – Berlusconi, Salvini, Meloni e Renzi, tanto per fare quanlche nome -: “Se fosse accaduto a me, Repubblica ci avrebbe aperto il giornale”.
Scatenati nei loro commenti sempre più fuori controllo i Cinque Stelle: “Le dimissioni non bastano, rivedere gli atti di Gualtieri”. Ovviamente, a partire dalla scelta sull’inceneritore. Quell inceneritore che al centro della crisi politica che ha portato alle dimissioni di Draghi.
Figlio dell’ex rettore dell’università romana Sapienza nonché ex ministro dell’Università e ricerca scientifica scomparso vent’anni fa, Albino a soli trent’anni, nel 1998, è diventato amministratore delegato di Zétema Progetto Cultura, partecipata al 100% del comune di Roma. Incarico ricoperto per sedici anni, poi nel 2014 ne ha assunto la carica di presidente fino al 2017. Prima di varcare la soglia della Pisana, la cultura era il suo “core business”.
Non nuovo a comportamenti poco istituzionali, abbiamo detto, ma sempre pronto alla giustificazione, durante il lockdown – primo maggio 2020, all’epoca era capo di gabinetto di Zingaretti, venne pizzicato dai vigili urbani mentre violando le prescrizioni per il Covid partecipava ad una riunione conviviale su una terrazza al Pigneto: “Un pranzo di lavoro” , disse lui. Proprio nel giorno della Festa dei Lavoratori… Fu multato, nonostante la sua precisazione “le regole le faccio io” che forse non piacque poi tanto ai preposti controllori della sicurezza.
E non sono da meno, quanto a intraprendenza e facile giustificazione, neppure i suoi due figli di 19 e 17 anni, assidui frequentatori dei ritrovi snob nel quartiere feudo del Pd, i Parioli. Entrambi fermati durante normali controlli del territorio hanno sfoderato la reazione non ha scomposto i militari che li hanno multati: era la prima serata di entrata in vigore dell’ordinanza anti-minimarket di Gualtieri, febbraio scorso, e per tutta risposta alla richiesta di documenti, avrebbero sfoggiato il classico “Lei non sa chi sono io”. Mitica frase cinematografica che va bene se a pronunciarla e ‘ un De Sica fermato dal vigile Sordi, ma che per la Cassazione costituisce una minaccia. Uno dei due Ruberti sembra si fosse già “macchiato” di un episodio simile quando identificato malvolentieri nell’affollatissima e movimentata piazza Euclide avrebbe accusato i militari di non saper svolgere il loro lavoro. E giù multe. Che papà è costretto a pagare insieme alle sue.
Bah
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