Francamente appassionante, per certi versi persino divertente. Il GP di Sepang verrà ricordato per aver rimesso al centro della vicenda non più strategie studiate ai box ma i piloti. Facendoci fare un bel tuffo nella memoria. Ai tempi in cui Prost e Senna vivevano la loro rivalità intestina (nel caso, sotto le insegne della McLaren) veramente a tutto campo. In Asia si è visto davvero di tutto. Con buona pace dei vari staff tecnici, sbugiardati (come nel caso di Rosberg) o addirittura ignorati (in quello di Vettel). E in casa Ferrari? Dopo il primo giro, il GP delle rosse si poteva considerare già chiuso: Massa lentissimo in avvio e subito passato dal compagno Alonso, mai con un passo di gara sostenuto, mai protagonista per un 5° posto finale dopo tre sorpassi che maschera sino ad un certo punto la giornataccia. Avrebbe potuto e dovuto fare di più, vista anche la fiera dell’assurdo che si stava consumando davanti. Alonso, invece, partito bene come al solito, si trovava in un amen vicino agli scarichi del battistrada Vettel. Un po’ troppo vicino. Le due vetture si toccavano e l’alettone del ferrarista rimaneva penzoloni. Che fare? Anche qui, un piccolo giallo c’è stato. Alonso ha deciso in proprio, imponendo, di fatto, la strategia a Domenicali, optando per rimanere in pista, avendo notato il repentino miglioramento del meteo che avrebbe imposto comunque una sosta ai box per il cambio gomme. Con due soste, invece, il tempo perso sarebbe stato eccessivo e difficilmente recuperabile. Questa la valutazione dell’iberico. Che, però, già al secondo giro era out. Facile giudicare la sua scelta errata con il senno del poi. Una logica c’era. Coraggioso Fernando ad assumersi la responsabilità di una scelta così delicata. Ma cosa avranno pensato ai box? E’ bello vedere un pilota finalmente autore delle strategie di gara, ma è giusto che del personale preposto venga zittito così? Ma quanto accaduto alla scuderia di Maranello è uno zuccherino in confronto ai fuochi d’artificio esplosi davanti. Un fuochino (ma neanche troppo) c’è stato in casa Mercedes con Hamilton e Rosberg protagonisti di un duello serrato e ricco di sorpassi reciproci e terminato in modo amaro con l’inglese davanti e il finlandese costretto a tenere la posizione dietro, pur avendo un ritmo, nel finale, superiore a quello di Lewis. Lo avrebbe superato. “Me ne ricorderò”, la risposta piccata di Rosberg all’ordine di Ross Brawn. Della serie, non capisco ( e neanche condivido) ma mi adeguo. Vettel, invece, non si è voluto neanche adeguare. Gran bagarre finale con il compagno Webber, in testa e ormai certo di arrivare in fondo vincitore, e sorpasso con rischiosa manovra prolungata nel finale. Veramente al limite. Ma perché l’australiano l’ha presa così male? Perché, anche qui, era partito l’ordine di scuderia: tenete le posizioni. Vettel se ne è infischiato, prendendosi anche le rampogne del box via radio. Da un lato, si può dire che si è trattato di una trasgressione persino plateale, dall’altro si può, almeno in parte, comprendere come abbia prevalso l’uomo. Che, nel caso, è un pilota e, quindi, con l’innato istinto di voler competere. Accelerare. Vincere. Umanamente comprensibile ma non del tutto giustificabile. Il solito equivoco di fondo quando si parla di uno sport che è prettamente individualista ma piegato a logiche di team che mal si conciliano. Come anche nel ciclismo ( ricordate i veleni assortiti tra Visentini e Roche, entrambi in maglia Carrera, al Giro del 1987?). Molto imbarazzante la scena del pre e post podio. Prima della premiazione, Vettel e Webber passavano interminabili istanti l’uno vicino all’altro senza parlarsi e neanche guardarsi. Sul podio, Hamilton mostrava la felicità della morte in vacanza. Poi, in conferenza stampa, il tedesco farà pubblicamente le sue scuse all’australiano. Definendosi anche “pecora nera”. Basterà per ricomporre la vicenda? I dubbi sono più che leciti. Sono anni che Webber lamenta un differente trattamento e manda giù bocconi amari. Hamilton ha invece ammesso sinceramente che a meritare il podio sarebbe stato Rosberg. L’inglese è stato protagonista anche di un episodio addirittura “fantozziano”: non dimentico dei suoi trascorsi in McLaren, alla sosta, ha sbagliato box, mentre i suoi ex meccanici, trasecolati, attendevano Button! Male, infine, le Lotus che tanto bene avevano fatto in Australia. Di certo, non ci si è annoiati.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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