Nella Sala del Cavaliere di Montecitorio è andato in scena, rigorosamente in diretta streaming, il secondo round del confronto tra Pd e M5S che fa seguito al primo episodio del “disgelo” datato 25 giugno. Per i Cinquestelle sono presenti i due capigruppo a Camera e Senato, Paola Carinelli e Vito Petrocelli, più l’estensore del “Democratellum”, Danilo Toninelli, oltre, chiaramente, a Luigi Di Maio, vero protagonista dell’apertura del MoVimento al dialogo con il Pd. Per il Pd c’è il premier Matteo Renzi, accompagnato dal vicesegretario dem, Debora Serracchiani, dal capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, e da uno dei trionfatori delle elezioni europee, Alessandra Moretti.
Sul tavolo, il nodo della nuova legge elettorale, ma non solo.
“Siamo aperti alla discussione, ma l’impianto di base resta l’Italicum“, si spiega tra i Democrat ribadendo l’apertura su entità del premio di maggioranza e immunità sottolineata da Renzi nella lettera di risposta ai 5 Stelle di due giorni fa ed applaudita dagli stessi ‘grillini’ nel post in cui ieri hanno formalizzato l’incontro. In quel post, peraltro, l’ala più ‘aperturista’ del MoVimento, quella oggi prevalente, si era dichiarata disponibile ad accogliere “le esigenze” dei dem “in tema di governabilità“, auspicando tuttavia il “giusto equilibrio” con l’altro piatto della bilancia, quello della rappresentatività. Un bilanciamento di interessi che è stato tra gli argomenti più dibattuti nel corso dell’incontro. “Vogliamo le preferenze, lo chiedono i cittadini italiani“, il grido di battaglia dei Cinquestelle.
“Oggi noi vi facciamo una proposta che viene incontro alle vostra per trovare un punto d’incontro. A noi interessa molto la stabilità. Dobbiamo dare poi ai cittadini la possibilità di scegliere i candidati, dopo 8 anni di Porcellum” ha subito incalzato Luigi Di Maio, spiegando che il M5S è disposto a parlare di legge elettorale “ma solo dopo le riforme“. “Siete disposti a cedere sulle preferenze in cambio della governabilità?“, la domanda, secca, che Di Maio pone agli interlocutori.
La replica del Pd è affidata a Debora Serracchiani: “Il Pd non è disposto a scambiare la governabilità con le preferenze. Perché dovremmo fare un mercimonio della riforma?”
Anche Matteo Renzi ha voluto esporre il proprio pensiero in merito al tema preferenze: “Se dovessi scegliere tra preferenze e primarie imposte e disciplinate per legge, personalmente sarei per la preferenza. Si è arrivati ad accordo che non prevede le preferenze tanto che le primarie le facciamo ma solo come Pd: alcuni dicono di farle per legge, dobbiamo capire se M5S è disponibile ad avere un meccanismo del genere. Personalmente non sono convinto di questo sistema perché avrebbe un costo per lo Stato“.
E’ Danilo Toninelli, per il M5S, ad illustrare rapidamente il funzionamento del “Democratellum”: “Noi presentiamo una proposta alternativa di sistema elettorale. Il primo punto è un proporzionale senza soglie di sbarramento per colmare un deficit di rappresentatività dato dal doppio turno. Al primo turno vince chi prende un voto più del 50%, altrimenti c’è il ballottaggio“. La novità che più colpisce il premier è quella del “doppio turno di lista” e “non di coalizione“. Un elemento che Renzi considera di grande interesse. Ma che porrebbe il problema degli inevitabili “mal di pancia” dei partiti più piccoli.
“Voi parlate di certezza della vittoria, a noi interessa la stabilità” dice Di Maio nel mettere l’accento sulla stabilità dei governi più che sulla governabilità. “Il doppio premio di coalizione dà instabilità – aggiunge Toninelli – Diamo stabilità alla governabilità con il doppio turno di lista“.
“Abbiamo rinunciato alle preferenze negative che per noi erano un punto importante e ci accontentiamo quantomeno di eliminare i condannati dal parlamento“, una delle condizioni poste da Toninelli che, poi, prosegue: “Altro punto è la prassi non accettabile che un capo politico si presenti come in più circoscrizioni e poi possa scegliere dove prendere il seggio“.
A questo punto interviene Alessandra Moretti che ribadisce come il M5S possa dicutere ma non stravolgere l’impianto dell’Italicum, dal momento che è solo dell’ultimo mese la disponibilità ad un dialogo da parte dei pentastellati: “Noi siamo già arrivati a una mediazione con le altre forze politiche che hanno accettato il confronto con il Pd. Un dialogo che inizialmente – ha sottolineato la Moretti – i grillini hanno rifiutato“. Caustica la replica di Toninelli: “Capisco, comanda Berlusconi…“.
Alle accuse di eccessiva lentezza mosse da Di Maio al premier (“Noi vi abbiamo fatto questa proposta che è pubblica da lunedì scorso. Da allora non avete avuto modo di incontrarvi con i partiti che fanno parte della maggioranza? Qui c’è tutta la buona volontà, ma venire e dire che portiamo a casa” le carte “perché vogliamo riflettere, a me pare temporeggiare“), il presidente del Consiglio replica: “La prima richiesta di confronto con voi l’ho scritta l’8 dicembre. Se io sono un bradipo, voi che ci avete messo 6 mesi per rispondere cosa siete?”.
Renzi si è poi dichiarato disponibile a discutere sulla proposta di abolizione dell’immunita’ parlamentare “purché ci sia l’accordo di tutte le forze politiche” . Immediata la “frecciata” di Di Maio: “Deve andare ad Arcore a chiedere il permesso?“. “Finché non riconoscerete la differenza fra il partito di Arcore e il nostro – ha replicato Renzi – non capirete perché il vostro `vinciamo noi´ è diventato `vinciamo poi’ “.
Il premier si è congedato non dopo aver fatto il punto della situazione, a consuntivo dell’incontro: “Riconosco ai cinquestelle che sul ballottaggio c’è apertura. C’è lo scoglio preferenze che è molto forte – spiega Renzi – C’è lo scoglio di rappresentanza dei partiti piccoli. Mettiamo per iscritto cosa può restare in piedi e non perdiamo neanche un minuto, in modo tale che se son rose fioriranno“. “Tra la vostra proposta e la nostra non c’è il Rio delle Amazzoni ma c’è un ruscello che non è detto riusciremo a colmare, ma potremmo trovare punto incontro”– ha concluso le proprie considerazioni Renzi che poi ha lanciato la sua proposta: “ci rivediamo prima che l’Aula del Senato discuta di legge elettorale e quindi dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Senato del Ddl riforme. Da qui al primo agosto facciamo il giro ufficiale con tutte le forze politiche che stanno consentendo di far le riforme costituzionali e elettorale e mettiamo per iscritto quello che può restare in piedi o no. L’importante è che ci stiano anche gli altri perché le regole vanno condivise con tutti“.
Solo allora potremo vedere se saranno rose senza spine.
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