Importante pronunciamento della Corte Suprema indiana che ha preso posizione contro il fenomeno delle mogli-bambine, molto diffuso nel Paese. La Corte ha infatti stabilito che una relazione sessuale fra un uomo e la moglie minorenne fra i 15 ed i 18 anni non compiuti ha valore di stupro punibile in base al diritto penale indiano. Nel firmare la sentenza il tribunale ha manifestato preoccupazione per la pratica dei matrimoni con spose molto giovani.
Oggi, nella giornata internazionale per i diritti delle bambine e delle ragazze – un impegno dell’Onu, sancito tramite la risoluzione 66/170 del 19 dicembre 2011, e portato avanti proprio per puntare l’attenzione sui diritti delle più piccole, in sintonia con l’obiettivo di sviluppo sostenibile numero 5 delle Nazioni Unite, che chiede di “raggiungere la parità di genere attraverso l’emancipazione delle donne e delle ragazze” – dalla Corte Suprema del Paese roccaforte di questa centenaria tradizione (prima del diciannovesimo secolo diffusa in tutto il mondo), l’India, che ospita il 40 per cento dei matrimoni infantili a livello globale, giunge notizia di una sentenza che cambierà radicalmente usi e costumi di un fenomeno dettato solo apparentemente dalla mancanza di cultura e dalla povertà. In realtà, si tratta di un fenomeno complesso che in India affonda le radici in riti religiosi, consuetudini sociali e cieche superstizioni, ma la cui origine culturale è tuttora molto dibattuta. Alcuni la fanno risalire all’invasione musulmana del Tredicesimo secolo, quando i conquistatori rapirono e violentarono tutte le donne induiste non sposate; da qui, la falsa credenza che il matrimonio protegga le ragazze da episodi di violenza e stupri. Secondo altri, invece, fu ai tempi feudali del Sultanato di Delhi che il matrimonio combinato dei figli iniziò a essere visto come un vero e proprio mezzo per consacrare accordi e alleanze fra le famiglie.
Ai giorni nostri, però, la ragione principale che contribuisce a perpetuare questa tradizione è la povertà endemica che affigge il subcontinente, in particolare le comunità rurali. All’interno della patriarcale società indiana, le bambine, considerate un peso economico a causa delle doti, sono figlie su cui non vale la pena investire poiché il loro unico scopo nella vita deve essere badare alla casa e alla famiglia. Il matrimonio combinato diventa così una scappatoia, un modo per ridurre le spese riguardanti l’educazione e il sostentamento delle figlie, che, una volta sposate, lasciano la propria casa (e in certi casi anche la propria comunità) per trasferirsi a vivere all’interno del nucleo familiare del marito.
Nel vicino Bangladesh il fenomeno delle spose bambine è stato invece ratificato con l’approvazione di una nuova legge (marzo 2017) che consente alle minori di 18 anni di sposarsi per volontà dei genitori in “circostanze particolari e per il loro bene”. Davanti alle contestazioni delle associazioni per i diritti umani, preoccupate dal fatto che dietro matrimoni di questo tipo possa celarsi la costrizione dei genitori di ragazze vittime di stupro a sposare i loro violentatori, il governo bengalese ha difeso il provvedimento dichiarando di avere fiducia nei giudici e nei tribunali locali che dovranno valutare le “circostanze particolari”. Secondo i dati diffusi da Human Rights Watch, il Bangladesh ha la più alta percentuale di spose bambine di tutta l’Asia. Il 52% delle donne nel paese si sposano entro i 18 anni, rivela l’Unicef. E il 18% di queste sono spose già a 15, una delle più alte percentuali al mondo.
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