Da un rapporto AGI-Censis sulla reazione degli italiani di fronte ai processi di innovazione emerge il senso di disagio o estraniazione di un terzo del Paese nei confronti di internet. In altre parole, nell’era della digitalizzazione sempre più estesa e facilitata, il 34,1% degli italiani è ‘fuori rete‘. Uno svantaggio che viene ricondotto all’accesso alle informazioni, ai servizi ed alle minori opportunità di relazione con gli altri. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale’ realizzato nell’ambito del programma pluriennale ‘Diario dell’Innovazione’, un progetto triennale AGI–Censis di monitoraggio della reazione degli italiani di fronte ai processi di innovazione, a supporto del Rapporto Cotec sulla cultura dell’innovazione degli Italiani. Lo studio che è stato presentato questa mattina al MAXXI di Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, mette in risalto il fatto che questa fetta di Paese non connessa ricorre ad amici, parenti o conoscenti (67,6%) o ad intermediari specializzati quali patronati o Caf (23,5%) quando ha bisogno di usufruire di servizi in rete. E’ dunque in atto un processo di ‘solidarietà intergenerazionale’ fra chi è in grado di utilizzare i servizi digitali e chi, per l’età avanzata o per difficoltà economiche e culturali, non riesce a rimanere al passo con le innovazioni. Una solidarietà di cui ci sarà maggior bisogno se e quando i servizi pubblici saranno accessibili solo via web. La quota di chi si affiderà a persone di fiducia copre oltre un terzo del totale già adesso.
Preoccupa invece la quota consistente (23,5%) di coloro che affermano che non saprebbero assolutamente come risolvere il problema. Vale la pena evidenziare anche il numero degli italiani preoccupati dalla tecnologia in continua evoluzione: per 4 persone su 10 l’automazione che la tecnologia sta portando nei processi produttivi toglierà più posti di lavoro di quanti ne creerà. Il timore nei confronti dell’innovazione emerge ancora dal rapporto Agi-Censis presentato oggi in occasione dell’Internet Day, che celebra il giorno in cui – il 30 aprile 1986 – l’Italia si è collegata per la prima volta a internet dal Centro universitario per il calcolo elettronico di Pisa. Stando all’indagine, gli italiani da un lato denunciano il ritardo del Paese nell’innovazione, dall’altro temono l’allargamento dei divari e i rischi sul fronte occupazionale. L’innovazione sembra spaventare i più deboli: i profili sociali più vulnerabili, in particolare coloro che vivono in famiglie di basso livello socio-economico (66,7%, due su tre) o che sono privi di titoli di studio superiori (59,2%, tre su cinque), sono infatti convinti che i processi innovativi finiranno per ampliare la forbice tra i ceti sociali. Per contro, il 33,5% degli intervistati ritiene che le opportunità aumenteranno in uno scenario di nuovi lavori ancora per gran parte inesplorati, mentre la porzione mancante (il 28,5% del totale) è convinta che i posti di lavoro nel complesso non varieranno in termini numerici.
L’Italia sta cambiando per meno di un terzo (29,6%) di coloro che hanno risposto al sondaggio, ma solo al traino di quanto avviene all’estero: il 44,6% è convinto infatti che il Paese – pur a fronte di alcune eccellenze – non stia riuscendo a tenere il passo dei paesi più avanzati in tema di innovazione. Solo il 9,8% degli italiani ritiene che il gap tecnologico accumulato in passato si sia ridotto negli ultimi anni. Per contro, un 15,3% di “iper-critici” sposa la tesi che l’Italia stia sprofondando tra i paesi più arretrati d’Europa.
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