Continuano le trattative per evitare una uscita della Grecia dall’Eurozona. Un lavoro serrato, che porterà il premier greco Alexis Tsipras ad avere un incontro ristretto con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande prima dell’Eurosummit di oggi e a partecipare alla plenaria del Parlamento Europeo di domani. L’attesa di proposte da parte di Atene è alta, ma non ci sono prospettive positive, tanto che il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, confessa di non avere idea di cosa avanzerà Tsipras e che è ancora presto per essere ottimisti. “La Grecia ha bisogno di riforme credibili – ha affermato Dijsselbloem – ed è quello che vogliamo sentire da loro”. Al momento però l’unica proposta all’orizzonte non sembra essere quella di riforme più incisive ma la richiesta di accesso alle risorse del fondo salva Stati. Una volta che Atene avrà formalizzato questo passo, verranno riconvocati i ministri delle finanze europei per esaminare se esistono le condizioni per accogliere la domanda. “Domattina – ha aggiunto il presidente dell’Eurogruppo – faremo comunque una conference call per esaminare le nuove proposte di riforme che dovrebbero inviarci”. Laconico il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, che arrivando all’Eurosummit ha affermato che “dipende dal signor Tsipras” la soluzione alla crisi della Grecia. Certo è che iniziano a manifestarsi malumori tra i governi. un’Eurozona senza Atene viene vista, dal ministro delle finanze della Lettonia, Janis Reirs, come uno scenario che rischia addirittura di rafforzare l’area euro. Per il ministro delle Finanze slovacco, Peter Kazimir, ristrutturare il debito greco è “impossibile”, mentre per il ministro delle Finanze finlandese Alexander Stubb un ipotesi di accesso al fondo ESM, a questo punto, non è praticabile. In effetti, l’accesso al fondo salva Stati – che con ogni probabilità avanzerà Atene dovrebbe ammontare a circa 7 miliardi di euro – potrebbe non essere sufficiente ad andare oltre la crisi: oltre la tranche non pagata al FMI per 1,6 miliardi di Euro, la Grecia tra luglio e Agosto dovrebbe restituire altri 7 miliardi circa proprio alla Bce. Partendo dal 2011, anno in cui è arrivato il primo salvataggio di Atene, la somma erogata dai creditori arriva a circa 240 miliardi di euro. Cifre iperboliche che fanno apparire poca cosa anche l’erogazione di risorse dall’Esm. Basti pensare che il 72% del debito greco è da considerarsi ‘official loans’, di cui il 60% della Ue e 12% dell’Fmi; 5% sono prestiti; l’8% è detenuto dalla Bce; il restante 15% sono divisi tra bond, 11%, e ‘bills’, prestiti a breve termine, per il 4%. Tra gli Stati europei esposti, stando ai numeri di Open Europe, che cita tra le fonti Bce e Fmi, è possibile constatare che la Germania ha ‘acquistato’ – sotto diverse forme, tra titoli e azioni bancarie – 68.2 miliardi di euro di debito greco. 43.8 miliardi sono in mano alla Francia, 38.4 miliardi circa sono invece stati rilevati dall’Italia. Subito a seguire, la Spagna, con 25 miliardi di Euro. Tra gli altri Stati, l’Olanda (13.4 mld), gli Stati Uniti (11.3 mld), la Gran Bretagna (10.8 mld). Quindi Belgio (7.5), Austria (5.9) e Finlandia (3.7). Fmi e Bce, invece, sono esposte rispettivamente per 21.4 e 18.1 miliardi di Euro. Ovviamente, un collasso del sistema economico ellenico – così come il ritorno alla Dracma con una svalutazione automatica della valuta – farebbe bruciare, letteralmente, soldi veri che sono stati versati nelle casse di Atene nel corso di questi anni con conseguenti contraccolpi su un sistema economico che, anche grazie alle operazioni di politica monetaria avviate dalla Bce, sta lentamente riprendendo la sua marcia dopo anni di dura crisi. E sebbene il programma di QE immetterà nel circuito internazionale circa mille miliardi di euro di denaro reale, l’ipotesi di un contraccolpo sulle banche di questa portata fa tremare i mercati. Solo ieri, al termine di una giornata durissima per le borse del vecchio continente, sono andati in fumo circa 100 miliardi di euro, con i listini trascinati verso il basso proprio dai titoli bancari, che all’inizio speravano in un rimbalzo, ma poi hanno perso fiducia. Al momento, infatti, la variabile più consistente che deve essere calcolata è proprio la fiducia, alla base delle relazioni politiche e finanziarie tra i Paesi; tra operatori di mercato; nelle relazioni di compravendita finanziaria. E, soprattutto, tra il Governo greco e i creditori Europei, che attendono un segnale concreto di inversione di tendenza.
Ad oggi, la fiducia, soprattutto in questo ultimo ambito, non c’è più, bruciata come i miliardi delle giornate nere dei mercati finanziari. E questo spiegherebbe le parole di Dijsselbloem che, al termine dell’Eurogruppo ha affermato di voler “ricevere una proposta scritta” da parte della Grecia “molto rapidamente”.
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