Si farà l’accordo sul programma nucleare iraniano. A Losanna, i rappresentanti della Repubblica islamica e dei “5+1” hanno trovato un’intesa di massima, che andrà definita entro il prossimo 30 giugno.
L’Iran ha accettato di ridurre la portata e il livello tecnologico delle sue strutture, rinunciando di fatto alla possibilità di produrre armi atomiche in proprio.
In cambio, la comunità internazionale revocherà le sanzioni decise da ONU, UE e USA contro Teheran.
La Repubblica islamica spegnerà due terzi delle sue centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, passando da quasi ventimila a seimila.
Non saranno costruiti altri centri di arricchimento oltre a quello già in funzione a Natanz.
Lo stabilimento di Fordow, scavato in una montagna, sarà convertito in un centro di ricerche con l’aiuto di tecnici stranieri e non ospiterà più scorte di materiale radioattivo.
Anche il reattore ad acqua pesante di Arak sarà modificato, e il plutonio che ha prodotto finora sarà custodito all’estero.
Le attività nucleari dell’Iran saranno monitorate dai tecnici dell’AIEA, l’agenzia ONU per l’energia atomica, per dieci anni. Sono però previsti anche controlli successivi, alla scadenza di 15, 20 e 25 anni. Un piano ambizioso e capillare, che comporterà il più alto numero di ispezioni al mondo.
Tuttavia, si tratta di una misura necessaria: come ha assicurato il presidente USA Barack Obama, “l’accordo con l’Iran non si basa sulla fiducia”, ma sulla puntuale opera di controllo tecnico, che dovrà dissuadere Teheran da qualsiasi violazione dell’accordo.
In fatto di sanzioni restano aperte due questioni, che terranno banco nei prossimi tre mesi di trattativa. Si tratta del calendario da seguire per la revoca delle sanzioni e del meccanismo con cui le stesse rientrerebbero in vigore se l’Iran non rispettasse i patti.
È stato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, seguito dal presidente della Repubblica François Hollande, a ricordare l’importanza e la difficoltà di sciogliere questi nodi.
Dello stesso avviso il capo negoziatore russo Sergej Riabkov: “L’accordo non c’è. E non sarà facile raggiungerlo”.
Più ottimisti sono stati i rappresentanti americani. Obama ha parlato di “un’intesa storica”, anche se il lavoro “non è finito”.
Si tratta in effetti di un successo per la dottrina geopolitica del presidente, fondata sulla riapertura di canali diplomatici con le potenze rivali, già sperimentata negli anni scorsi con Birmania e Cuba.
Per sua stessa ammissione, è stato lo stesso Obama a raccomandare di persona al segretario di Stato John Kerry di ignorare la scadenza del 31 marzo, che gli stessi negoziatori avevano fissato in un primo momento come termine delle trattative.
Ora il presidente potrà opporre questo successo alle critiche degli oppositori: numerosi esponenti del Partito Repubblicano, ma anche democratici, per non parlare degli alleati degli USA in Medio Oriente, Israele e Arabia Saudita, eterni rivali geopolitici dell’Iran.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che già aveva avuto modo di definire la trattativa con l’Iran “un errore storico”, ha riferito a Obama che raggiungere un accordo definitivo con la Repubblica islamica potrebbe “minacciare la sopravvivenza di Israele”.
Il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv, convocato per l’occasione da Netanyahu, ha condannato l’intesa di Losanna.
Il premier ha chiesto che nell’accordo definitivo si obblighi l’Iran a riconoscere in via ufficiale il diritto di Israele a esistere.
Entusiasta del risultato raggiunto, invece, è Federica Mogherini, alto responsabile UE per la politica estera, che ha parlato di “un passo storico verso un mondo migliore”.
Secondo Mogherini, l’accordo definitivo “garantirà la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano”.
Intanto in Iran l’annuncio dell’intesa, che potenzialmente comporta la fine delle sanzioni internazionali e il rilancio dell’economia, è stato salutato con gioia dalla popolazione. I cittadini di Teheran hanno organizzato caroselli di automobili con clacson e bandiere al vento.
È un trionfo personale per il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, l’abile diplomatico odiato dagli ultraconservatori, che non gli perdonano di aver trascorso metà della sua vita negli USA, ma caro alla Guida Suprema Ali Khamenei, accolto da una folla festante al suo rientro stamattina a Teheran.
È soddisfatto anche il presidente iraniano Hassan Rohani, che in passato era stato responsabile dei negoziati con l’AIEA durante i mandati dei suoi predecessori Rafsanjani e Khatami.
Rohani, come Zarif e Kerry, ha annunciato che le trattative per definire l’accordo sono riprese immediatamente, segno che la distanza da colmare è ancora abbondante, al contrario del tempo a disposizione.
Ai tre mesi necessari per stilare l’accordo definitivo, poi, andrà sommato il tempo che servirà alla Repubblica islamica per adeguare le proprie strutture alla revisione degli ispettori AIEA: “da quattro mesi a un anno”, secondo la stima di Kerry.
Mesi in cui Rohani e il suo governo dovranno saper gestire le aspettative del popolo iraniano, provato dall’impatto delle sanzioni, che hanno piegato l’economia nazionale.
Filippo M. Ragusa
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