L’Iraq ha una nuova guida spirituale e politica: ieri i miliziani dello Stato islamico hanno annunciato la ricostituzione del califfato a Baghdad, a novant’anni dalla soppressione di quest’istituzione. In un filmato postato in rete, i jihadisti hanno individuato il primo califfo nella persona di Abu Bakr al-Baghdadi, che dovrà guidare i musulmani nel mondo. Lo sceicco Al-Baghdadi avrebbe accettato la designazione con un giuramento di fedeltà.Il regime politico instaurato, assolutamente non riconosciuto a livello internazionale, dovrebbe estendersi dal nord, cioè dai confini con la Siria, dove i ribelli hanno trovato appoggio negli oppositori del presidente Bashar al-Assad, fino alla provincia irachena di Diyala, a est del Paese. Il califfato comprenderebbe così le zone conquistated all’esercito dell’Isis, che d’ora in poi, per volere dei suoi stessi combattenti, si chiamerà semplicemente Is. Sul fronte interno, invece, i sunniti sono in guerra aperta sia con le forze lealiste del governo di Nouri Al Maliki che con l’ala siriana di Al-Qaida, che è riuscita ad insinuarsi negli scontri tre le fazioni irachene delle ultime settimane.
La proclamazione di un califfato, per quanto non comprometta l’ordinamento giuridico esistente, aggrava la situazione socio-politica del Paese e non solo: il portavoce dell’esercito iracheno Qassim Atta denuncia che “il gruppo jihadista è diventato una vera minaccia per l’area mediorientale. L’annuncio della nascita di un califfato è un messaggio da parte dello Stato islamico non solo per l’Iraq o la Siria, ma per il mondo. Il messaggio è che lo Stato islamico è diventato una minaccia per tutti i Paesi”.
I combattimenti proseguono ormai da giorni: Tikrit, la città natale dell’ex dittatore Saddam Hussein, è caduta nelle mani degli insorti e l’esercito governativo fa fatica sia nei tentativi di riconquista della zona che di difesa delle postazioni circostanti. Eppure, le truppe sono dotate di carri armati ed elicotteri e, a giorni, dovrebbero essere aiutate dalle operazioni grazie all’arrivo di venticinque aerei da guerra Sukhoi Su-25 di provenienza russa, aerei in grado di distruggere obiettivi in movimento.
Intanto, mentre gli scontri diventano sempre più cruenti, sul fronte politico si è avuta una clamorosa scissione: l’ayatollah Ali al-Sistani, massima autorità spirituale sciita in Iraq, ha preso le distanze dal capo del governo, Nouri al-Maliki, invitando i partiti politici a trovare un’intesa, in tempi celeri, sul nuovo primo ministro e sui futuri presidenti di Repubblica e Parlamento, Parlamento che dovrebbe riunirsi domani per la sessione inaugurale e per nominare il nuovo esecutivo. Al premier uscente Al-Malilki sono arrivate aspre critiche, sia dagli sciiti che dalla diplomazia internazionale, per non aver voluto trovare un accordo e iniziare un governo di “unità nazionale“, coinvolgendo anche sunniti moderati e curdi. Proprio questa sarebbe la soluzione, lanciata dal Segretario di Stato americano John Kerry, chea giudizio degli americani potrebbe arginare la falla del sistema politico iracheno negli ultimi mesi.
Unendosi alla preghiera dell’ayatollah Sistani e dei vescovi cristiani iracheni, Papa Francesco si è appellato ieri ai governanti perché, “attraverso il dialogo, si possa preservare l’unità nazionale ed evitare la guerra. La violenza genera altra violenza; il dialogo è l’unica via per la pace”.
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