Anche la Russia di Vladimir Putin finisce nel mirino dell’ISIS. Lo riporta la stampa russa dopo la pubblicazione di un filmato in cui un uomo a volto coperto urla slogan jihadisti mentre guida un’auto nel deserto.
“Ascolta Putin, verremo in Russia e vi uccideremo nelle vostre case”, minaccia l’uomo in nero. Poi esorta allo scontro quelli che chiama “fratelli”.
Nel filmato compaiono anche registrazioni di uomini armati che attaccano mezzi militari e tende, sempre sullo sfondo del deserto. Secondo i sottotitoli, si tratterebbe di un’azione avvenuta ad Akashat, nella provincia irachena dell’Anbar, la più grande e la più arida del paese.
L’autenticità del video – che dovrebbe essere stato pubblicato su Telegram, il servizio di messaggistica istantanea già usato in passato dai terroristi – è ancora da stabilire, e il misterioso miliziano non è stato ancora identificato. Dimitri Peskov, portavoce del Cremlino, suggerisce: “Probabilmente non dobbiamo esagerare l’importanza di questi filmati”.
“Certamente – aggiunge Peskov – visto che la lotta contro di loro si intensifica e sono messi all’angolo, i terroristi usano la tattica dell’intimidazione”.
Nelle scorse settimane, USA e Russia hanno ripreso i negoziati per aumentare la cooperazione militare e di intelligence nella lotta all’ISIS e alle altre sigle del terrorismo internazionale. Ma sulla strategia mediorientale dello Zar pesa l’incognita dei foreign fighter cittadini russi. Tanti di loro vengono dalla Cecenia di Ramzan Kadyrov, il presidente ultraconservatore – accanito sostenitore della poligamia e del delitto d’onore – i cui pretoriani, i Kadyrovtsy, sono sospettati di essere implicati in delitti come l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja.
Oltretutto, sulle trattative si è allungata un’altra ombra nelle ultime ore: Hillary Clinton, appena nominata candidata dei democratici alle Presidenziali USA, ha accusato apertamente “i servizi di intelligence russi” di aver pubblicato documenti trafugati dal sistema informatico del Comitato nazionale democratico che sembrano dare conto di favoritismi del partito nei suoi confronti. Accuse che l’ambasciatore russo a Washington, Andrej Krutitskikh, definisce “scandalose” e “un segno di debolezza”. Più sfumata la posizione di Peskov: per il portavoce del Cremlino, le accuse fanno “parte della retorica della campagna elettorale e non stabiliscono nulla di definito”.
F.M.R.
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