Non è Ihake Mashrapov l’autore della strage di Istanbul. Le autorità del Kirghizistan, il Paese di cui è cittadino, hanno confermato la sua versione dei fatti. La sera di Capodanno, quando un uomo armato ha fatto irruzione nel Reina, una delle discoteche più famose della città, uccidendo 39 persone e ferendone circa 70, Mashrapov era nel suo paese.
Quando la polizia turca lo ha fermato all’aeroporto di Istanbul, quindi, si è trattato di un semplice scambio di persona. Mashrapov è stato confuso con l’uomo che si aggira in silenzio per la zona di piazza Taksim, in un video-selfie che nelle scorse ore ha fatto il giro del mondo.
Intanto in Turchia continua la caccia all’uomo, e sulla stampa, mentre le autorità rivelano meno particolari possibile, si rincorrono le indiscrezioni. In un’intervista all’agenzia Anadolu, il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha ripetuto che gli inquirenti hanno già accertato l’identità dell’attentatore, ma non ha fornito alcun dettaglio sul suo conto. Intanto il numero delle persone arrestate nell’ambito delle indagini sulla strage è salito a 20. Tra di loro, come si era già detto ieri, ci sarebbe anche la moglie del killer.
Secondo il quotidiano Yeni Safak, l’attentatore avrebbe usato il nome di battaglia Abu Muslim al-Khorasani. Khorasan è un antico nome di una vasta regione storica divisa tra l’Iran nord-orientale e gli stati ex-sovietici dell’Asia centrale.
Hürriyet, un altro quotidiano turco, ha provato a ricostruire i suoi spostamenti tra Istanbul e la provincia di Konya, nell’Anatolia centrale. Qui vive un certo Yusuf Hoca, che la polizia – almeno secondo quanto è scritto su Hürriyet – ritiene il capo dei simpatizzanti turchi dell’ISIS e il mandante, morale se non materiale, dell’attentato.
Abu Muslim, o chi per lui, sarebbe arrivato al Reina in taxi, prendendone non meno di otto, per complicare il lavoro a chi avesse voluto seguirlo. Aveva due zaini: in uno di loro, il più grande, nascondeva il fucile automatico usato durante l’attacco. Ma avrebbe lasciato l’altro nell’ultimo taxi che ha preso quella sera, e lì dentro, secondo la ricostruzione di Yeni Safak, la polizia avrebbe trovato il suo cellulare. Potrebbe venire da lì il video che lo mostra mentre cammina per il centro di Istanbul, forse per provare ai suoi complici che si trovasse effettivamente in città.
Nel frattempo il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdoğan, ha tenuto il suo primo discorso alla nazione dopo la strage. “Lo scopo principale degli attacchi terroristici è quello di distruggere il nostro equilibrio”, ha detto, “di metterci gli uni contro gli altri”. “Non cederemo a questo gioco”. Poi ha aggiunto: “Dire che la Turchia si è arresa al terrorismo significa stare dalla parte dei terroristi. Nonostante il triste inizio di 2017, manteniamo fortemente le nostre aspettative per il nuovo anno”.
Dopo l’attentato di Capodanno, il parlamento di Ankara ha deciso di prolungare di ulteriori tre mesi lo stato di emergenza, proclamato in tutto il paese dopo il fallito golpe del 15 luglio. Sarebbe dovuto scadere il prossimo 19 gennaio. Nelle scorse settimane il governo ha assicurato che il referendum costituzionale in programma per la prossima primavera – nel quale i turchi dovranno accettare o rifiutare la riforma delle istituzioni in senso presidenziale – non si sarebbe tenuto sotto le leggi speciali.
F.M.R.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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