Anche se il cosiddetto Pil non è più ritenuto idoneo per fotografare lo lo stato di salute di una nazione, i risultati ottenuti grazie al nuovo indicatore Bes, Benessere Equo e Solidale, messo a punto da Istat e Cnel, non si discostano molto rispetto a quelli rilevati con il tradizionale calcolo del valori dei beni e servizi prodotti nel Paese. L’11% della popolazione è in difficoltà. Stando al primo rapporto sul Bes presentato oggi a Roma alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in Italia, tra il 2010 e il 2011, la “grave deprivazione” è salita dal 6,9% all’11,1%. Ciò indica che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un incremento solo nell’ultimo anno di 2,5 milioni. L’indagine sottolinea anche come nel Paese sia in crescito il livello di disuguaglianza, un valore misurato attraverso il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero. Dal 2008-2011 chi era ricco ora lo è più di prima, chi era povero lo è ancor di più rispetto agli anni passati. Oggi il 38,5% degli italiani non può permettersi di sostenere una spesa imprevista di 800 euro, in pratica di andare dal dentista e quasi metà degli italiani, il 46,6%, non può permettersi una settimana di ferie in un anno”. Sono dati da Terzo Mondo. “Persino dopo la guerra gli italiani – commenta il Codacons – andavano in vacanza. La ragione di questo disastro è dovuta al fatto che lo Stato ha rinunciato alla sua funzione fondamentale di ridistribuire la ricchezza, aumentando a dismisura, in questi ultimi 10 anni, tutte le imposte e le tariffe che colpiscono i cittadini indipendentemente dal reddito: acqua, rifiuti, elettricità, gas, trasporti locali, accise sui carburanti, pedaggi autostradali, tutti cresciuti dal doppio al triplo rispetto all’ inflazione”. Insomma, si sono dovuti intaccare i risparmi, le cosiddette “riserve”, per un potere d’acquisto che è sceso di cinque punti percentuali dal 2007 al 2011. In termini reali la contrazione è solo dell’1,1%, ma nei primi anni della crisi le famiglie hanno intaccato il patrimonio e risparmiato meno per tentare di mantenere il proprio stile di vita. Nello stesso quadriennio la propensione al risparmio è passata dal 15,5% al 12% per giungere infine all’11,5% nel secondo trimestre del 2012. Si è generata una situazione che si ripercuote sulla necessità di ricorrere al credito: nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato infatti un balzo in negativo passando dal 2,3% al 6,5%. L’unica cosa a crescere è la sfiducia nella politica e nel futuro. Gli italiani risultano essere sempre meno felici e diffidenti nei confronti degli altri e nella gestione dello stato delle risorse pubbliche. Quanto alla fiducia nelle istituzioni nazionali e locali, a marzo del 2012 si è registrato il picco più basso con un giudizio di 2,3, su una scala da 0 a 10, riservato ai partiti politici. Non sono andati molto meglio il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali (4) e il sistema giudiziario (4,4). Le sole “istituzioni” verso le quali i cittadini hanno espresso fiducia sono stati i vigili del fuoco e le forze dell’ordine, che insieme hanno raggiunto 7,1, con un voto medio di 8,1 per i primi e di 6,5 per le seconde. La sfiducia degli italiani si amplia non solo alle istituzioni ma al resto del corpo sociale, agli “altri” che li circondano. Nel 2012, infatti, solo il 20% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, valore in calo rispetto al 2010 (21,7%). Una quota che scende ulteriormente, al 15,2%, nelle regioni del Mezzogiorno. L’ Italia, sostiene l’ Istat, è inoltre uno dei paesi Ocse con i più bassi livelli di fiducia verso gli altri: le persone quindi non si sentono sicure e tutelate al di fuori delle reti di relazioni familiari e amicali. In particolare, l’ Italia mostra una fiducia molto inferiore rispetto a paesi come Danimarca e Finlandia, dove la quota di persone che esprime fiducia negli altri raggiunge il 60%. In una tale situazione, non sorprende che la partecipazione politica sia bassa e in diminuzione, sebbene il concetto di partecipazione venga declinato in modi diversi, non solo attraverso l’ attivismo politico ma anche con l’ atto di informarsi e con lo scambio di opinioni. Una nota positiva emerge dal primo “Rapporto sul benessere equo e sostenibile” di Cnel e Istat: la famiglia appare ancora come un appiglio insostituibile in tempi di crisi. Bene i rapporti familiari, che costituiscono ancora oggi la principale rete di solidarietà e sostegno della società italiana. E anche sul lavoro gli italiani si esprimono in modo favorevole: in una scala da zero a dieci, il 7,3 per centro si dice contento del proprio lavoro. E.S.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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