Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti
La Commissione Lavoro del Senato ha approvato la delega lavoro. Il Jobs Act approderà martedì in aula. Gli otto componenti del Pd in commissione Lavoro al Senato hanno, infatti, votato sì alla delega sul lavoro. Si è astenuta Forza Italia mentre i parlamentari Sel e M5S hanno abbandonato i lavori. Maurizio Sacconi, il presidente della Commissione stessa nonchè relatore della delega sul lavoro, è ”soddisfatto” per l’esito positivo della votazione sul provvedimento e afferma che le norme varate rappresentano ”l’incontro tra due riformismi”. “Mi auguro che entro novembre la legge delega sul lavoro sia consegnata al Governo“, ha proseguito Sacconi lasciando trapelare anche un cauto ottimismo circa la tempistica che potrebbe, secondo il parlamentare Ncd, condurre all’emanazione dei primi decreti legislativi delegati già entro dicembre.
Maurizio Sacconi
Ma i commenti, in seno al Pd, non sono affatto tutti altrettanto entusiastici: “I titoli del job act sono condivisibili. Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione, ma servono correzioni importanti al testo“, fa sapereil presidente del Pd Matteo Orfini ha criticato la riforma del lavoro in discussione al Senato. Ancora più scettico appare l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani per il quale: “E’ assolutamente indispensabile che il governo dica al Parlamento cosa intende fare nel decreto delegato sul lavoro, perché si parla di cose serie“. “Io mi ritengo una persona di sinistra liberale – prosegue Bersani – penso ci sia assoluta necessità di modernizzare le regole del lavoro dal lato dei contratti e dei servizi. Ma leggo oggi sui giornali, come attribuite al governo, delle intenzioni ai miei occhi surreali. In alcuni casi si descrive un’Italia come vista da Marte“.
Pierluigi Bersani
“La delega sul lavoro è in corso di perfezionamento: è giusto che il Pd si ritrovi a discutere e definisca la propria posizione“, auspica il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini al termine della segreteria del partito. A chi gli domanda se il Pd si ritroverà unito sulla riforma del lavoro, risponde: “Assolutamente sì, lavoriamo per farlo“.
Sull’auspicio di una sintesi all’interno del partito di maggioranza relativa del Paese concorda appieno anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani che ha così commentato: “Confidiamo, e non a caso la direzione è convocata il 29 settembre, che si possa trovare il luogo della sintesi sulla riforma del lavoro proprio all’interno del Partito democratico, un partito che ha dimostrato maturità proprio quando si pensava si sciogliesse come neve al sole, come sulle riforme“.
Debora Serracchiani
Ma il ministro del Lavoro Giuliano Poletti sembra chiudere a qualunque ipotesi di modifica al provvedimento: “Non è previsto” che il Governo “faccia correzioni sul testo, adesso c’è il lavoro parlamentare“, il categorico commento del ministro che ha anche aggiunto di sentirsi “fiducioso” che il testo passi in Parlamento. Secondo Poletti, “non è mai stata in discussione la questione del reintegro per il licenziamento discriminatorio, l’emendamento non ne parla“.
Quanto alla paventata riscrittura (se non eliminazione, sia pur di fatto) dell’art. 18, il ministro del Lavoro ha così replicato: “Leggete delega e emendamento, lì c’è scritto quello che pensa il Governo. Poi vedremo nei decreti attuativi“. Il ministro ha precisato che sull’emendamento del Governo “si sono esercitati con molte interpretazioni, alcune legittime altre fantasiose“. Poi ha spiegato, riguardo alle interpretazioni estreme, che “quando si prevedono gli estremi non ci si piglia mai, gli estremismi non corrispondono alla sostanza“.
Insomma, il pomo della discordia, il mantenimento in vita o meno dell’art. 18 che tanti Governi ha messo in crisi almeno dal 200 in poi, sembra proprio voler rimanere tale.
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