Una grande Juve supera il Real nella semifinale d'andata di Champions
In sede di sorteggio per gli accoppiamenti delle semifinali di Champions, erano in molti a pensare che la Juventus fosse il classico vaso di coccio rimasto in corsa tra vasi di ferro. Ma non pochi ritenevano che fosse proprio la Juve (e il Barça, ma quest’ultimo con l’ansia supplementare di una Liga ancora da vincere) la squadra ci vi arrivava nella miglior condizione di forma. Hanno avuto ampiamente ragione i secondi.
La partita dello Juventus Stadium, infatti, è stata più che meritatamente appannaggio dei bianconeri cui il 2-1 finale concede un vantaggio piccolo in termini numerici (che non lascerà spazio a particolari calcoli al Bernabeu) ma grandissimo in termini di fiducia e autostima. Oltre ad insinuare il tarlo del dubbio nella testa dei campioni in carica.
La Juve è partita benissimo, aggredendo molto alta un Real costretto a impiegare come play un Sergio Ramos assolutamente inadeguato a recitare da vice-Modric. Allegri sceglieva la difesa a quattro (per un’ora almeno, poi sarebbe passato ad una più conservativa difesa a cinque), il sistema di gioco preferito dal tecnico livornese sui palcoscenici europei, e questo non stupiva. Però inseriva Stefano Sturaro, all’esordio Champions da titolare, nell’undici iniziale. E questo era impronosticabile. Ma anche qui, Max ha avuto ragione: il ligure, arrivato dal Genoa a gennaio in punta di piedi, è stato indubbiamente tra i migliori in campo. Meglio di lui, anche se in certe serate può risultare antipatico e anche complicato elaborare delle graduatorie di merito, solo Tèvez e un Vidal ritornato ai livelli delle ultime due stagioni. Proprio nell’occasione più importante della stagione. Straordinario il cileno nell’abbinare qualità nelle giocate al sacrificio mostrato nell’abbassarsi a dar manforte ai compagni in fase di ripiegamento.
Il quarto d’ora-venti minuti iniziali della Juve si inseriscono di diritto nella galleria dei “golden moments” della storia bianconera: ritmo tambureggiante in perfetto stile “contiano” ma senza perdere lucidità e precisione nel vorticoso giro-palla. Emblematico il gol di Morata, un tap in giunto a concludere una sequenza di ben 27 tocchi!
Il rigore del 2-1 di Tèvez
Solo incassata la sberla, lo squadrone di Ancelotti si è scosso dal torpore andando ad occupare in massa la metà campo juventina. Giusto il pareggio di un Cristiano Ronaldo (di nuovo davanti a Messi nella classifica all time delle segnature in Champions, ma per il resto abbastanza in ombra), pur propiziato da una difettosa chiusura della diagonale difensiva, mentre solo un pizzico di sfortuna impediva ad un ottimo James Rodriguez di rovesciare punteggio ed inerzia del match: la sua deviazione aerea a volo d’angelo centrava la traversa.
Tutto sommato un primo tempo che seguiva uno spartito prevedibile: grande intensità dei padroni di casa all’inizio, furente e orgogliosa reazione del Real dopo.
La Juve correva più del Real
Quello che ha stupito un pò tutti è stato quanto visto nella seconda frazione: la Juve la iniziava di nuovo aggredendo ma a ritmi inevitabilmente meno sostenuti e il Real, incassato il secondo schiaffone, non riusciva a produrre altro che uno sterile possesso palla. Buffon, sostanzialmente, inoperoso. Sarebbe stato lecito attendersi che, a fronte di una maggior stanchezza ad appesantire la corsa dei 22 in campo, sarebbe dovuta emergere la maggior classe individuale delle stelle madridiste. Alcune delle quali, però, veramente fuori partita e in scarsa condizione. Il rientrante Gareth Bale su tutti.
Il rigore di Tèvez era il giusto premio alla grinta, alla tecnica e alla capacità di correre palla al piede dell’Apache: eccezionale la sua volata solitaria (Morata che lo accompagnava, veniva abbattuto prima dell’ingresso dell’argentino in area). Ma anche la bocciatura della superbia castigliana: impensabile attaccare a pieno organico lasciando un intero reparto, quello difensivo, già non stratosferico di suo, sguarnito.
Molto più pratico Allegri: nessun imbarazzo nel togliere Sturaro per far posto a Barzagli e nel riproporre una difesa a tre (o a cinque, se preferite).
La delusione spagnola
E nel finale, un altro subentrante, Llorente, sfiorava in due occasioni la terza marcatura.
E, al fischio finale del non sempre impeccabile inglese Atkinson, il pubblico bianconero poteva esplodere in un urlo liberatorio e dar vita a quella festa condivisa con i propri beniamini, rimandata dopo lo scudetto vinto a Genova proprio per tenere alta la concentrazione in vista del Real.
…e la gioia bianconera
Mercoledì prossimo, il ritorno al Bernabeu sarà una partita rovente, aperta a qualsiasi soluzione. Già questo un successo per una squadra che solo due anni fa, di fronte ad un test di livello con una big d’Europa, il Bayern, usciva di scena con le ossa rotte. Ma adesso accontentarsi sarebbe assurdo. E il cielo di Berlino comincia ad intravedersi sempre più nitido. Presto sapremo anche quale sarà il suo colore.
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